domenica 4 gennaio 2015

L'amore bugiardo - Gone Girl (Gone Girl, 2014) di David Fincher

Amy e Nick sono una coppia “perfetta”: belli, benestanti, dinamici, intelligenti e colti. Fanno una bella vita, hanno un’invidiabile intesa coniugale, una bella casa ed un solido lavoro. Appaiono, quindi, come l’incarnazione esteriore del Sogno americano. Ma la crisi economica e l’improvvisa malattia della madre di lui li costringe a trasferirsi da New York a una piccola cittadina di provincia del midwest, nello stato del Missouri. Il drastico cambiamento farà emergere, lentamente ma inesorabilmente, una serie di incomprensioni tra i due, intaccando l’impeccabile facciata con delle crepe troppo a lungo ignorate e via via più profonde. Il giorno del quinto anniversario di matrimonio Amy scompare in circostanza misteriose e l’inevitabile indagine della polizia porterà alla luce inquietanti indizi che fanno pensare ad un evento tragico,  portando a stringere il cerchio dei sospetti intorno al marito Nick. David Fincher conferma le sue qualità di narratore di razza con questo noir geometrico che si apre, e si chiude, su un’immagine sinuosamente avvolgente (la curva dei capelli di Amy), come a indicare la portata simbolica di un’opera in cui nulla è come sembra ed il sottile confine tra realtà e finzione assume toni ora inquietanti ora conturbanti, inducendo una vertigine di hitchcockiana suggestione. Con una messa in scena classica, che mette gli attori al servizio della storia, ed una regia asciutta, ma al tempo stesso possente, Fincher spazia attraverso i generi, dal thriller, alla commedia nera, alla critica sociale, toccando punte estreme  di grottesco e di violenza esplicita, in particolare in una scena cruciale che sarà difficile dimenticare. Ribaltando a metà film il piano narrativo, quest’opera a due livelli spazia attraverso tanti temi cruciali: il conformismo della middle class americana, la crisi economica del secondo decennio degli anni 2000, il gioco al massacro dei media la cui malsana invadenza ha ormai trasformato la cronaca nera in una sorta di gossip perverso che alimenta il voyeurismo di massa con la “gogna” tecnologica delle vittime di turno,  l’eterno conflitto tra essere ed apparire, fonte costante di malessere per la psiche umana. Ma il cuore, nero, del film è principalmente rivolto al rapporto di coppia, all’istituzione matrimoniale, cinicamente illustrato come emblema di un tacito conformismo basato sul compromesso quotidiano e sull’inganno sottile, intrinsecamente debole perché fondato su basi d’argilla: l’utopistica illusione della durata “eterna” di un sentimento sì intenso ma fugace, come tutte le umane manifestazioni,  che oggi viene sistematicamente confuso con l’edonismo sessuale e l’appagamento materiale. La feroce analisi di Fincher fa crudelmente a pezzi l’idea stessa di matrimonio, evidenziandone i lati oscuri, gli anelli deboli, le convenzioni sottili, gli accomodamenti meschini, il gioco di ombre, le crudeltà quotidiane, le subdole menzogne, e rendendo l’intero film una perfida metafora del suo fallimento, tanto più tragico nell’essenza quanto più irreprensibile nell’apparenza. E’ giusto, quindi, parlare di un autentico noir psicologico sulla vita di coppia, mostrata attraverso un sottile gioco di specchi, insito già nella struttura filmica, che mira allo straniamento dello spettatore, scambiando i ruoli tra vittima e carnefice nella messa in scena dell’umano “gioco” tra vizi e virtù. L’inverosimiglianza di alcune situazioni, evidentemente troppo macchinose per risultare plausibili, nulla toglie alla forza crudele di un’opera che è il trionfo dell’ambiguità, del disincanto e della mendacità, come abilmente sottolineato dallo stesso stile narrativo dell’intera prima parte, raccontata attraverso il diario di Amy. Nel cast spicca l’algida Rosamund Pike, che qui dimostra di avere molte frecce nel suo arco e ci regala una performance di alto profilo, sia dal punto di vista fisico che psicologico. Le verità nascoste di un ménage di coppia possono risultare letali quanto una lama che squarcia la gola, come intende dimostrare questo film oscuro e agghiacciante, che inquieta e fa riflettere, donando una nuova sinistra prospettiva al solenne “finchè morte non vi separi”.

Voto:
voto: 4,5/5

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