venerdì 9 gennaio 2015

Io e Annie (Annie Hall, 1977) di Woody Allen

Alvy Singer è un comico famoso, di origine ebrea, perennemente depresso. Rivolgendosi alla camera ci racconta le tappe della sua turbolenta ma intensa relazione con Annie, tra litigi, incomprensioni, abbandoni e riconciliazioni. Le enormi differenze, nelle origini familiari e negli intenti, tra i due, porteranno alla rottura definitiva, ma Alvy decide di scrivere una commedia sulla loro storia, con un finale più lieto. Famosissima e pluripremiata commedia alleniana, meno comica rispetto ai suoi film precedenti ma pervasa, in modo pregante e finalmente consapevole, da quelle caratteristiche che poi diverranno i marchi di fabbrica del grande regista: la contrapposizione ideologica tra New York e il resto del mondo, le nevrosi, le storie d’amore problematiche, la psicanalisi come liberatorio espediente narrativo, le idiosincrasie, le citazioni, il giallo “rosa”, le tante comparsate eccellenti, l’implacabile ironia “jewish”, l’avversione per Hollywood. Da sempre simbolo indiscusso della comicità intelligente d’oltre oceano, Allen inaugura, con quest’opera eccellente, mascherata da ode alla sua musa Diane Keaton, la sua lunga serie di commedie “nervose”, dal retrogusto amaro, che celano il dramma sotto la maschera irresistibile dell’autoironia. Da sempre affine, emotivamente ed artisticamente, al cinema d’autore europeo, il regista newyorkese inserisce qui, brillantemente, le sue passioni, quella per Bergman in particolare, sotto forma di gustoso omaggio, conferendo alla love story un contesto colto e, quindi, problematico. Debordante, divertente, sardonica, ricca di verve e di battute memorabili, visivamente ricchissima tra piani sequenza, flashback, inserti animati e split screen, è una delle commedie simbolo degli anni ’70, in cui il naturale egocentrismo di Allen diventa trascinante rappresentazione multiforme delle sue ossessioni. Il titolo inizialmente pensato dall’autore doveva essere “Anhedonia”, ovvero l’incapacità di provare piacere. Vinse quattro Oscar “pesanti”: film, regia, sceneggiatura e la Keaton come attrice protagonista. Pietra miliare nell’itinerario di Allen.

Voto:
voto: 4,5/5

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