mercoledì 28 gennaio 2015

Vogliamo vivere! (To Be or Not to Be, 1942) di Ernst Lubitsch

Alla vigilia della seconda guerra mondiale, i coniugi Joseph e Maria sono le stelle di una brillante compagnia teatrale polacca, che stanno portando in scena l’Amleto di Shakespeare ed intendono realizzare una satira antinazista. Ma l’invasione della Polonia da parte di Hitler bloccherà i loro progetti, causandogli enormi difficoltà lavorative. Gli attori metteranno allora in piedi un centro occulto di resistenza all’invasore e, grazie al loro ingegno recitativo, ad una serie di incredibili travestimenti ed alla somiglianza di uno di loro con il dittatore tedesco, sapranno farsi beffa dell’oppressore, sventando anche un complotto di spie. Scoppiettante commedia satirica antinazista e capolavoro di Ernst Lubitsch, regista tedesco specializzato nel genere comedy. Fu realizzata in America, proprio durante i terribili anni in cui Hitler terrorizzava il mondo, acquisendo, per questo, un ulteriore valore aggiunto. Esattamente come Il grande dittatore di Chaplin, girato nello stesso periodo ma artisticamente inferiore, ne persegue il medesimo obiettivo: combattere l’ideologia nazista con la forza dissacrante della comicità, per screditarne la credibilità e distruggerne le basi teoriche, mortificandone sia il deterrente spaventoso sia il fanatismo nazionalistico. Nonostante si “scherzi col fuoco”, l’azione del regista è irriverente quanto geniale, profonda quanto intelligente, esilarante quanto stratificata, in una complessità di fondo che va bene al di là della patina comica superficiale. Ad esempio, nella celebre scena del monologo di Shylock, tratta da “Il mercante di Venezia” di Shakespeare, l’autore oppone, metaforicamente, la forza dell’arte, della grande poesia e della cultura al delirio ideologico di coloro che i libri li bruciavano, calpestando la dignità, la storia e la vita umana in tutte le sue forme. L’atavico dubbio esistenziale espresso dal titolo originale non cita solo Amleto, ma è un chiaro invito all’intervento americano in quel conflitto che poteva cambiare per sempre le sorti del mondo civile. Infatti, in quel periodo, subito dopo Pearl Harbour, l’America era ancora divisa tra interventisti e non interventisti, e quindi oppressa dal medesimo solenne dubbio di amletica parafrasi, che questa rutilante pellicola invita presto a sciogliere, facendo la “cosa giusta”. Siamo quindi di fronte ad un film estremamente impegnato, politico, che usa le armi di un apparente leggero disimpegno per conseguire fini elevati, addirittura cruciali per il corso della storia. Sovrapponendo, metacinematograficamente, la trama con l’intento, e, quindi, l’arte con la vita, quest’opera intende affermarne il potere salvifico: l’arte può cambiare le cose, dissacrare, far riflettere, indurre azioni e cambiamenti, anche epocali. Non c’è dubbio che questa pellicola di Lubitsch sia una delle migliori commedie di tutti i tempi, non solo esilarante, non solo pungente e non solo socialmente impegnata, ma perfetta nei tempi comici, geniale nelle svolte narrative, irresistibile nei dialoghi, affascinante nel continuo intreccio tra realtà e finzione che confonde lo spettatore (finanche sul finale), insomma, indiscutibilmente, siamo davanti al top del genere satirico. Questo fu il primo film di Carole Lombard (celebre diva della screwball comedy degli anni ’30) con Lubitsch e, purtoppo, anche l’ultimo della sua carriera: morì, infatti, in un disastro aereo subito dopo la fine delle riprese. Il film ha avuto un remake, sotto forma di divertito omaggio, nel 1983, Essere o non essere di Alan Johnson, con Mel Brooks e Anne Bancroft.

Voto:
voto: 5/5

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