martedì 27 gennaio 2015

Il grande sonno (The Big Sleep, 1946) di Howard Hawks

L’investigatore privato Philip Marlowe viene chiamato a indagare sul ricatto subito da Carmen, figlia minore del ricco generale Sternwood. Finirà coinvolto in un pericoloso gioco di seduzione, complotti e omicidi in cui sono coinvolti Carmen e sua sorella Vivian. All’origine di tutto c’è il racket delle bische clandestine, guidato dal losco Eddie Mars, la cui ricerca condurrà Marlowe a scoprire un’amara verità. Storico noir di Hawks, tratto dall’omonimo racconto di Raymond Chandler che è una delle vette letterarie del poliziesco nero americano. Il grande regista, con uno stile asciutto e “invisibile”, che asseconda in pieno le suggestioni tipiche del genere ereditate del testo chandleriano, ci regala un film complesso, labirintico nella struttura, a causa dell’intrecciarsi in parallelo di diverse linee narrative, il cui fascino torbido è garantito dalle splendide atmosfere in chiaro scuro e da una coppia di attori straordinari: Humphrey Bogart e Lauren Bacall. In particolare questa di Bogart è una delle migliori caratterizzazioni cinematografiche per il personaggio di Marlowe, che qui ci appare come un antieroe tormentato, cinico, malinconico, ma estremamente risoluto nel condurre la sua indagine in un sordido sottobosco di connivenze e corruzioni. La famosa scena iniziale delle ombre proiettate dei due protagonisti, mentre si accendono una sigaretta, coglie in pieno il senso profondo delle atmosfere di Chandler ed è una delle icone più rappresentative del noir classico. Hawks utilizza, con sapiente efficacia, la tecnica di mettere lo spettatore sempre un passo avanti rispetto ai protagonisti, facendogli scoprire in anticipo ciò che loro ancora non sanno. Questo espediente narrativo, che sarà poi ampiamente utilizzato da Alfred Hitchcock nei suoi thriller, riesce a creare un formidabile patos nel pubblico, che, dalla sua posizione privilegiata, teme per il destino dei personaggi. La critica maggiore da sempre mossa a questo potente noir d’atmosfera è la sua ermeticità, dovuta al groviglio di sottotrame che non facilitano una rapida comprensione delle vicende nei canonici termini causa-effetto. Le conclusioni a cui arriva Marlowe, nel ricomporre il complesso puzzle di elementi criminosi, non sono certe, né definitive, ma ambigue, sfuggenti, proprio come le emblematiche ombre iniziali dei due protagonisti. Tutto questo deriva dal senso intimo dell’opera che risiede nel caos, nell’incapacità umana di codificare il male, spiegare la colpa, comprenderne gli esiti, perché in questo cupo universo criminale, immaginato da Chandler e raffigurato da Hawks, il lezzo fetido del malaffare è parte integrante dei personaggi, che diventano la malinconica metafora di una civiltà al crepuscolo. Il fumo, quello delle tante sigarette che vola nell’aria, altro simbolo pregnante delle storie chandleriane, diviene qui il segno tangibile della verità che sfugge, sinuosamente ma inesorabilmente, inafferrabile e beffarda. In questo importante noir classico, che ha molti ammiratori ma anche molti detrattori, è il caso di dire che la cornice vale più del quadro. Il grande sonno del titolo, come apprendiamo dalle ultime pagine del romanzo di  Chandler, è un’allegoria della morte.

Voto:
voto: 4,5/5

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