giovedì 22 gennaio 2015

A qualcuno piace caldo (Some Like It Hot, 1959) di Billy Wilder

Nella Chicago di Al Capone, due musicisti squattrinati, Joe (Tony Curtis) e Jerry (Jack Lemmon) cercano di sbarcare il lunario suonando in improvvisate orchestrine di terz’ordine. Testimoni involontari della sanguinosa strage di San Valentino, in cui Capone fece uccidere sette tra i suoi rivali dai suoi gangster travestiti da poliziotti, i due sono costretti ad una fuga precipitosa e, per sfuggire ai criminali che li braccano, decidono di vestirsi da donne, diventando Josephine e Daphne. Partite per la Florida insieme ad un’orchestra rigorosamente al femminile, conoscono la biondissima Zucchero Kandinsky (Marilyn Monroe), bomba sexy suonatrice di ukulele e col vizio dell’alcool. Inevitabilmente Joe e Jerry s’innamorano di lei e ci vorranno nuovi cambi d’identità per provare a conquistarla. Esilarante commedia degli inganni, capolavoro di Wilder, che gioca abilmente sull’identità, sessuale, dei protagonisti in un rondò farsesco sospeso tra sensualità e tenerezza. Secondo la maggior parte dei critici è la “commedia perfetta”, la migliore in assoluto mai prodotta dal cinema hollywoodiano. Di sicuro è una tra le più belle, le più scattanti, le più divertenti e di maggior successo. La personalità del grande regista si evince già dal titolo, perentorio ed ammiccante, secondo alcuni copiato da un vecchio film di Bob Hope degli anni ’30, secondo altri derivato dalla corrente musicale “Hot Jazz”, di cui l’autore era appassionato. La stessa idea di far cominciare una commedia partendo da una strage mafiosa, tra l’altro realmente accaduta, è originale ed ardita, ma si rivelò vincente per l’improvviso stravolgimento del registro narrativo, dal tragico al comico farsesco, che conferisce al tutto un tono surreale, favorendo la benevola accettazione delle tante situazioni grottesche della seconda parte (va ricordato che il travestitismo era un tabù inaccettabile in quegli anni). Il geniale Wilder, maestro della commedia, costruisce, con perfida malizia, una briosa apologia dell’inganno, che scivola leggera sul filo sottile dell’equivoco, per ottenere una potente carica ambigua, la massima resa comica ed una conturbante malia sensuale. Ovviamente tutto è più facile quando si dispone di una Marilyn Monroe nel cast, la cui carica erotica, straordinaria, inonda lo spettatore, tracimando dallo schermo, in ogni inquadratura, fin da quando sbuca giuliva, in vestaglia, dalla cabina letto sul treno per la Florida. E la bionda diva, che qui ci regala, probabilmente, la sua interpretazione più brillante e convincente, regge perfettamente i tempi comici e l’esuberanza gestuale dei due scatenati protagonisti, tra cui Curtis fa il cascamorto e Lemmon il riservato. Di questa commedia esplosiva tante sono le scene, gli aneddoti e le frasi passate alla storia. Per citarne una per ogni gruppo diciamo: la scena in cui Joe assume le sembianze di Junior, ricco petroliere invaghito della bella Zucchero, che si dichiara sessualmente impotente per convincerla a “guarirlo”. In questa scena irresistibile Wilder realizza il sogno proibito di milioni di americani: avere Marilyn come “terapista” sessuale. L’aneddoto è direttamente collegato alla scena in questione, infatti Tony Curtis dichiarò, in seguito, che “baciare Marilyn è come baciare Hitler”, anche se poi, nella sequenza “incriminata” nessuno ebbe quella sensazione. Ed infine la frase, “beh, nessuno è perfetto”, con cui Lemmon chiude il film, che è entrata a far parte “naturalmente” del linguaggio popolare, e di cui, magari, i più ignorano la reale provenienza. La “commedia perfetta” vinse un solo Oscar, ai costumi, sulle sei candidature totali, ma è rimasta, ancora oggi, nel cuore del pubblico.

Voto:
voto: 4,5/5

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