martedì 27 gennaio 2015

Chinatown (Chinatown, 1974) di Roman Polanski

Los Angeles, anni ’30: il detective Gittes, ingaggiato dalla signora Evelyn Mulwray per indagare sulla presunta infedeltà del marito, scopre che la donna che gli ha commissionato l’incarico non è la vera moglie di Mulwray. Intanto questi, ingegnere che lavora per il comune, viene trovato annegato in un bacino artificiale. Gittes si rende conto di essere stato usato e di essere finito nell’ingranaggio di una sporca macchinazione, che nasconde un traffico illecito di acqua a danno della rete idrica pubblica. Aiutato dalla vera signora Mulwray, con cui nascerà una relazione sessuale, Gittes arriva alla mente criminale che si trova dietro la speculazione: il diabolico e potente Noah Cross, padre di Evelyn, che ha avuto con lei rapporti incestuosi. L’ultimo film americano di Roman Polanski è un capolavoro assoluto del noir moderno, o “neonoir”, un formidabile omaggio ai classici del genere, in particolare alle opere “hard boiled” di Raymond Chandler, per le ambientazioni californiane, il detective cinico e risoluto, la dark lady conturbante ed ambigua, i quartieri moralmente degradati, la polizia corrotta ed il male incarnato in uno spietato “demiurgo” che muove ogni cosa. Costruito sulla monolitica sceneggiatura di Robert Towne, premiata con l’Oscar (l’unico vinto su ben 11 candidature), questo splendido poliziesco nero americano, diretto da un maestro di cinema europeo, è uno stupefacente ibrido d’autore che fonde insieme le suggestioni noir di matrice chandleriana con le atmosfere stranianti da incubo kafkiano tipiche del regista polacco. Sontuosa fotografia retrò dai toni ambrati, che pone in fulgido contrasto la luminosa solarità delle ambientazioni, principalmente diurne, con il cuore nero della vicenda, regia secca e magistrale, grandi interpretazioni del cast stellare, Jack Nicholson, Faye Dunaway e il regista John Huston nel ruolo del perfido patriarca, messa in scena elegante, dialoghi taglienti, situazioni torbide, per un capolavoro, sospeso tra classico e moderno, che, pur rispettando la tradizione, la rinnova con elementi spuri, dal tono sulfureo, disturbante, radicati in quei traumi psicologici e nella paura dell’ignoto che hanno sempre accompagnato il cinema polanskiano. Il fulcro della storia è l’acqua, l’elemento vitale per eccellenza, che scorre per tutto il film, come sangue nelle vene della città corrotta, accompagnando l’indagine di Gittes, provocando la morte, ma determinando anche le scoperte cruciali, come l’identità del suo “proprietario”. Persino il nome del cattivo, Noah, altisonante nella sua dimensione biblica, è legato, inevitabilmente, all’acqua, al diluvio, al lavacro universale, che però qui non monda i peccati, bensì li copre. La ricerca di Gittes della fonte dell’acqua diventa metafora dell’uomo che cerca l’origine della vita, ma si conclude con una resa dolorosa, la sommessa constatazione della mancanza di senso e di giustizia. Straordinario l’uso degli indizi allegorici seminati qua e là dal regista, si pensi, ad esempio, all’imperfezione nell’iride di Evelyn come sinistro presagio, per poi ricomporli tutti nell’epilogo beffardo e crudele, perfetta declinazione del pessimismo polanskiano in merito alla possibilità dell’uomo di cambiare il proprio destino. Il celebre finale, amaro e memorabile, fu voluto dal regista, che si impose sulla produzione ad ogni costo, ed è un valore aggiunto che dona al tutto un senso di sconfitta, tipicamente chandleriano, ergendo il film ad apologo beffardo dell’umana corruzione e del potere criminale, cancro inestirpabile della società capitalistica, in un mondo senza possibilità di appello o di riscatto. E’ il miglior film di Roman Polanski, che si ritaglia anche un piccolo cameo nei panni del viscido gangster che taglia il naso al detective protagonista, e una delle vette assolute del genere noir, superato solo da quelli, monumentali, di Wilder e di Welles. Ha anche avuto un seguito nel 1990, nettamente inferiore, Il grande inganno, diretto e interpretato da Jack Nicholson.

La frase: “Lascia stare, Jack, è Chinatown!

Voto:
voto: 5/5

Nessun commento:

Posta un commento