venerdì 16 gennaio 2015

La stangata (The sting, 1973) di George Roy Hill

Chicago, anni ’30: Henry Gondorff e Johnny Hooker sono due imbroglioni, abili e affascinanti, che organizzano una geniale truffa ai danni di un pericoloso gangster, Lonnegan, per sottrargli un’ingente somma di denaro e vendicare un comune amico. Tra situazioni pericolose, messe in scena abilissime e trovate mirabolanti, la “stangata” riuscirà. Dopo l’ottimo western “oltre cortina” Butch Cassidy, George Roy Hill ripropone la medesima coppia di “fuoriclasse”, Paul Newman e Robert Redford, alla loro ultima trionfale collaborazione insieme, in questa commedia rutilante, briosa, irresistibile, dalla verve esplosiva e dalle mille invenzioni. Numerosi i meriti del film: sceneggiatura solida, suggestiva messa in scena che, grazie alla fotografia, alle scenografie, ai costumi, garantisce una ricostruzione sontuosa dell’America della Grande depressione, e le splendide musiche di Marvin Hamlisch, in particolare il memorabile motivetto ragtime rimasto celeberrimo, restituiscono l’atmosfera dei tempi con la loro suggestione retrò. E ancora: la grande prova collettiva del cast, Newman e Redford sono bravissimi ma anche Robert Shaw tratteggia un villain di notevole carisma, i personaggi adorabili per la loro simpatia canagliesca e per quella fragilità che garantisce sempre una totale empatia con lo spettatore, la genialità del piano ordito dai due protagonisti a danno di Lonnegan, i colpi di scena giusti al momento giusto. Tutto funziona con un meccanismo perfetto in questa sfavillante commedia dell’inganno, che ha anche la furbizia necessaria per accaparrarsi un plebiscito di consensi grazie all’edificante, ma garbato, idealismo di fondo. La sferzante ironia di fondo, sincera e accattivante, è il collante che tiene insieme le varie parti della pellicola, nelle sue incursioni nel drammatico o nel tragico prima di rientrare nel suo elegante vestito da commedia, ed è anche la chiave del successo di una formula che, oggi come allora, funziona egregiamente e piace a tutti, cinefili e mainstreamers. Fu un grande successo mondiale e venne pluripremiato dall’Academy con ben sette Oscar: film, regia, sceneggiatura, scenografia, costumi, montaggio, colonna sonora. Tra gli attori solo Redford ebbe la nomination, anche se Newman la meritava di più, ma il premio andò a Jack Lemmon per Salvate la tigre. E’ uno dei capisaldi del cinema d’evasione, praticamente intramontabile.

Voto:
voto: 4,5/5

Nessun commento:

Posta un commento