domenica 25 gennaio 2015

La fiamma del peccato (Double Indemnity, 1944) di Billy Wilder

L’agente assicurativo Walter Neff perde la testa per la conturbante Phyllis Dietrichson, moglie insoddisfatta di un suo cliente. I due, travolti dalla passione, diverranno amanti e, su idea di lei, metteranno in atto un diabolico piano per eliminare il marito, inscenando un incidente ferroviario, ed incassare la sua assicurazione sulla vita, ottenendo addirittura il doppio dell’indennizzo previsto dalla clausola. Ma uno zelante collega di Neff, insospettito dagli eventi, riuscirà a smascherare i due assassini. Tratto dal romanzo breve di James Cain, “La morte paga il doppio”, e sceneggiato, insieme al regista, dal grande Raymond Chandler, uno dei padri letterari del poliziesco nero americano (il così detto “hard boiled”), La fiamma del peccato è il primo noir di Wilder, maestro indiscusso della commedia brillante,  che però raggiunse i suoi più alti risultati artistici proprio nel genere noir. Ambientato quasi tutto di notte, in una cupa Los Angeles i cui ambienti esterni vennero ricostruiti in studio, con una spiccata predisposizione estetica ai contrasti chiaro scuro, una vorticosa struttura a flashback e dei personaggi fortemente caratterizzati, questo formidabile nero d’autore rappresenta una pietra miliare della filmografia del crimine e uno dei più grandi noir di ogni tempo. Teso ed asciutto, con delle atmosfere morbose che ruotano abilmente intorno agli archetipi del genere (amore impossibile, passione violenta, tradimento, avidità, omicidio), è passato alla storia per la formidabile interpretazione di Barbara Stanwyck, che ci regala una memorabile dark lady dal fascino letale, in grado di stregare anche il pubblico, oltre che lo sciagurato Neff. La perfida caratterizzazione della Stanwyck, che generò persino delle mode, come la celebre catenella alla caviglia, fu così ammaliante e carismatica da influenzare, fortemente, non solo la storia del noir ma anche le successive villain femminili del grande schermo. L’altissima eleganza formale, l’elevata incisività drammatica e lo spessore tragico dei personaggi, figure ambigue e maledette votate all’autodistruzione per la loro rapacità, ne hanno fatto un riferimento assoluto ed un modello definitivo per tutto il genere “crime”, imitato e omaggiato da una lunga serie di epigoni. Anche il resto del cast (Fred MacMurray e Edward G. Robinson) è eccellente ed il montaggio secco, incalzante, ci conduce inesorabilmente al tragico finale, in un avvolgente crescendo di tensione. Tra le tante sequenze straordinarie del film voglio ricordare quella dell’omicidio, con la camera fissa sul primo piano della Stanwyck, il cui sguardo emana un lampo di estasi, il brivido del crimine, un orgasmo di perdizione che provoca nello spettatore un’assoluta vertigine morale. Candidato a sette premi Oscar rimase, inopinatamente, a bocca asciutta. Tra le tante rivisitazioni di questo capolavoro ricordiamo il torbido Brivido Caldo (1981) di Lawrence Kasdan, che rese celebre la sensuale Kathleen Turner, la cui performance è un’esasperazione più sfacciata ed aggressiva, in accordo all’emancipazione dei costumi, di quella della Stanwyck.

Voto:
voto: 5/5

Nessun commento:

Posta un commento