martedì 27 gennaio 2015

Paisà (Paisà, 1946) di Roberto Rossellini

Sei episodi per raccontare l’Italia in guerra nel secondo conflitto mondiale, ognuno di essi ha come titolo una località geografica italiana. Nel primo (Sicilia), una ragazza di paese guida dei soldati americani, appena sbarcati, perché possano evitare le truppe tedesche. Nascerà un’amicizia tra uno di loro, Joe, e la ragazza ma entrambi verranno uccisi dai nazisti, che li scoprono nascosti in un castello abbandonato. Nel secondo (Napoli), uno scugnizzo diventa amico di un soldato afroamericano, ma quando lui si addormenta gli ruba le scarpe. Il militare ritrova il ragazzino tempo dopo, ma, quando vede l’estrema miseria in cui vive e scopre che la sua famiglia è stata spazzata via dai bombardamenti, desiste dal suo proposito di riprendersi il maltolto. Nel terzo (Roma), sei mesi dopo la liberazione una giovane prostituta adesca un soldato alleato che gli racconta di aver conosciuto una ragazza romana di nome Francesca nel giorno del suo sbarco ad Anzio. Francesca e la prostituta sono la stessa persona, ma lui non la riconosce e lei non trova il coraggio di confessarlo. Quando si decide, lui è già partito. Il quarto episodio (Firenze) racconta di un’infermiera inglese, Harriet, che cerca il suo amore, Guido, capo partigiano col soprannome di “lupo”. Entrata nella Firenze occupata a costo della sua vita, scoprirà che il suo uomo è stato ucciso. Nel quinto episodio (Appennino emiliano) assistiamo ad una disputa religiosa tra dei frati francescani e dei cappellani militari americani, da loro accolti in un convento oltre la “linea gotica”. L’ultimo episodio (Porto Tolle), ambientato sul delta del Po, mostra la sanguinosa battaglia di partigiani e alleati uniti contro le truppe naziste, con violente rappresaglie dei tedeschi a danno di civili innocenti. Questo celebre capolavoro del neorealismo ripercorre, con storie disconnesse, ma emblematiche, i giorni oscuri della liberazione italiana dal giogo nazi-fascista, seguendo cronologicamente il cammino degli alleati nella loro difficile avanzata da sud a nord. Opera solenne e altamente sperimentale, in cui il grande regista, grazie all’espediente narrativo degli episodi, ha modo di adottare stili diversi in ciascun segmento, senza però mai smarrire il senso generale del film come potente affresco storico collettivo. Per garantire la massima resa realistica l’autore sceglie, in ciascun segmento, di lasciare il parlato originale nelle rispettive lingue o nei rispettivi dialetti. Senza pietismi, populismi o trionfalismi retorici, Rossellini tratteggia un documento altisonante di incredibile altezza formale, di prezioso valore storico e di struggente senso lirico, commovente per chi quegli eventi li ha vissuti, formativo per chi ne ha solo letto sui libri, fondamentale per la conservazione della memoria sociale di quei tragici giorni. Assolutamente magistrale la capacità del regista di cogliere il grande nel piccolo, il dolore, la miseria, la rabbia e l’eroismo negli sguardi della gente, dei soldati, dei bambini. Nel cinema di Rossellini l’immagine diventa fatto, i luoghi (le città sventrate o i paesaggi naturali) diventano memoria e il suo sguardo apparentemente “distaccato”, per garantire la massima obiettività, diventa cronaca, racconto, storia. Gli episodi più riusciti sono il secondo, il quarto e, soprattutto, il sesto, che rappresenta la più tragica e vibrante denuncia fatta al cinema delle atrocità commesse dall’oppressore tedesco sul nostro territorio. Più che un film è un monumento, da vedere, rivedere e preservare.

Voto:
voto: 5/5

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