martedì 20 gennaio 2015

Il ponte sul fiume Kwai (The Bridge on the River Kwai, 1957) di David Lean

Nella giungla birmana, durante la seconda guerra mondiale, il comandante di un campo di prigionia giapponese impone ai soldati inglesi di costruire un ponte ferroviario sul fiume Kwai, fondamentale per i trasporti della zona. Il tenente colonnello Nicholson dapprima si rifiuta, appellandosi alla convenzione di Ginevra secondo cui gli ufficiali prigionieri non sono obbligati a lavorare, ma poi, vista l’incapacità giapponese di eseguire l’ambiziosa opera ingegneristica, decide di accettare, spinto da fanatismo patriottico, per dimostrare la superiorità britannica sul nemico asiatico. Grandioso kolossal bellico di David Lean tratto dal romanzo omonimo di Pierre Boulle, pluripremiato, pluricelebrato, è uno dei film di guerra più famosi della storia del cinema. Il grande regista inglese si conferma un maestro nel coniugare spettacolo e qualità, azione e psicologia, dirigendo un grande cast, innumerevoli comparse, con scenografie sontuose e scenari mozzafiato, per una ricchezza di mezzi che era una caratteristica delle grandi produzioni storiche del periodo. Pur indulgendo nella retorica propagandistica dei prodotti di questo tipo, il film non disdegna un’acuta analisi critica delle radici del militarismo, dell’assurdità delle logiche belliche e dell’idealismo assolutista che, inevitabilmente, conduce al disastro. Fondamentale, in tal senso, il personaggio di Shears, soldato americano che si spaccia per ufficiale e che contrappone la sua pragmatica umanità, non priva di lati oscuri, al fanatismo aristocratico del colonnello Nicholson, che, celando la sua vanità dietro lo spirito di corpo, si lancia nella folle sfida ingegneristica, che costerà molte vite, per un insano “patriottismo”. Nello scontro, filosofico e morale, tra i due, risiede la parte più introspettiva e profonda del film, ciò che lo rende qualcosa di più di un rutilante kolossal bellico all’insegna di una spettacolare demagogia patriottica. Il ponte, assoluto protagonista della pellicola, è il vano monumento alla superbia umana, la cui fine è segnata a priori. Memorabile la colonna sonora di Malcolm Arnold, in particolare la celebre marcetta fischiettata dai soldati prigionieri, rimasta nell’immaginario popolare. Il ponte che si vede nel film fu costruito per davvero, per garantire la massima resa realistica, sull’isola di Ceylon, meraviglioso set naturale in esterni. Vinse sette premi Oscar: film, regia, sceneggiatura, Alec Guinness straordinario protagonista, fotografia, montaggio, colonna sonora. La sua fama è meritata e, oggi come allora, garantisce un grandioso intrattenimento, corroborato da spunti di riflessione sulla natura umana che restano universali.

Voto:
voto: 4,5/5

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