venerdì 9 gennaio 2015

Videodrome (Videodrome, 1983) di David Cronenberg

Max Renn, direttore di un network televisivo di bassa lega, capta casualmente un programma pirata aberrante che manda in onda scene reali di omicidi e torture. Spaventato, ma anche morbosamente attratto dalla cosa, scopre che il programma, chiamato Videodrome, ha lo scopo di corrompere il mondo, stravolgendo le coscienze, inducendo paurose visioni e stabilendo una sorta di impero del male, sotto il dominio della tv. In breve anche Max, sotto l’influsso del segnale malefico, inizia ad avere orribili allucinazioni sempre più frequenti, al punto di non saper più distinguere la realtà dalla fantasia. Con questo allucinante incubo distopico, di estetica cyberpunk, Cronenberg dà vita ad una feroce e visionaria critica ante litteram all’invadenza perturbante del mezzo televisivo. La forza e l’originalità della sua denuncia risiedono, oltre che nei modi scioccanti tramite l’uso di immagini forti, a lui consone, nella tempistica, perché avvenuta in tempi “non sospetti”, cioè ben prima dei reality, della tv del dolore e dei programmi “spazzatura” a cui oggi siamo abituati. E se Quinto Potere di Lumet, altro antesignano nella critica al sistema televisivo, è il lato satirico della “medaglia”, questo viscerale film di Cronenberg ne rappresenta sicuramente il lato più profondamente disturbante. I temi sono quelli tipici del regista canadese: la mutazione del corpo, che stavolta avviene tramite un mezzo tecnologico, e la percezione della realtà, che ha preso il sopravvento sulla vera essenza dell’uomo. E se questa percezione avviene attraverso il mezzo televisivo, noi tendiamo a diventare ciò che guardiamo, con una totale spersonalizzazione della coscienza. E’ questo il messaggio principale della pellicola, che andrebbe colto tra le righe delle numerose sequenze shock in cui lo splatter abbonda, ma mai in maniera gratuita. Ecco, quindi, che le allucinazioni, volutamente estreme per aumentare l’enfasi della denuncia, divengono metafora dell’atto di credere a ciò che si vede ed il simbolo grottesco di questa “nuova umanità”, corrotta dal mezzo televisivo, è la “nuova carne”, ovvero l’orrida fusione tra uomo e tv. Indimenticabile la sequenza in cui Max fa sesso con il televisore, allegoria provocatoria di come la pornografia sia diventata parte integrante e causa di dipendenza dei suoi fruitori. Nel finale aperto e allucinato il protagonista diventa una sorta di “messia catodico”, una nuova specie, ovvero l’insensato risultato di quello che il bombardamento televisivo ha fatto dell’uomo: della sua mente, del suo corpo e della sua personalità. Un’apocalittica visione del nostro mondo “futuribile” in perfetto stile Cronenberg.

Voto:
voto: 4/5

Nessun commento:

Posta un commento