Roma, 1882: Paul lascia l'amico Fritz (Nietzsche) in un hotel, tra corpi di prostitute nude e fumate di oppio, per andare a una festa dove conosce la russa ebrea Lou Salomé, donna libertina e di bell'aspetto. La relazione tra Paul e la donna diventerà presto, per volere di lei, un ménage a trois che coinvolge anche Fritz, suscitando lo scandalo generale. Ma la strana relazione non durerà a lungo: al subentrare della noia Paul e Lou prenderanno strade diverse, pur continuando ad avere rapporti all'insegna della trasgressione, mentre Fritz finirà vittima dei propri demoni interiori. Dall'opera omonima del celebre filosofo Friedrich Nietzsche, la Cavani ha
tratto un film potente e sfarzoso, di alti intenti ma non immune da
cadute calligrafiche ed a volte appesantito da un apparato ideologico
ingombrante, che ne riduce la portata semantica in nome dell'accumulo
manieristico di "orpelli" retorici. Ma il triangolo amoroso tra
Nietzsche, la disinibita Lou Salomé e l'impedito Paul Rée è un possente
trattato psicologico sul rapporto tra sesso e potere, con le consuete
commistioni tra erotismo e sadismo, tipiche della regista emiliana. Il
burrascoso ménage a trois, che non farà sconti a nessuno, diventa
metafora degenere della fine del diciannovesimo secolo e dell'inizio del
'900: l'età della follia e dei grandi crimini storici. La fotografia è
sontuosa, la ricostruzione ambientale impeccabile e nel cast spiccano le
interpreti femminili: da una sensuale Dominique Sanda ad un'austera
Virna Lisi.
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