Commedia corale dal tono agrodolce, che sotto la patina comica cela un
retrogusto acre, tendente al malinconico e non privo di elementi di
caustica critica di costume. Negli anni '80 Verdone è stato, insieme a
pochi altri come Troisi, Benigni e Nuti, l'erede naturale e più
autorevole della grande tradizione della Commedia all'Italiana, che ha
dato lustro al nostro cinema negli anni '50, '60 e '70. Con il suo
sguardo tipicamente bonario, ma non ingenuo, l'autore romano ha sempre
saputo cogliere lo spirito dei tempi, gli umori sociali, le tendenze
popolari e le ha rappresentate con rinnovata forza caricaturale
attraverso una galleria di personaggi irresistibili ed emblematici,
omaggiando spesso, con raffinata riverenza, il suo indubbio maestro,
Alberto Sordi, vate e mentore "honoris causa" di tutti i comici
capitolini. In questo film, indicato da molti critici come la sua opera
migliore, l'autore alza il tiro, abbandona la tipica struttura composita
"a personaggi" e cerca di fare una sua versione del "Grande freddo"
all'italiana, con evidenti ambizioni, riuscite solo in parte, di
affresco generazionale che intende tracciare un bilancio, evidentemente
in perdita, di uno spaccato sociale del "belpaese". Rispetto al celebre
film di Kasdan, Verdone ne baratta il cinico disincanto con una vena
nostalgica più sottile e sfumata, trasformando i momenti della riunione
tra ex compagni di scuola, non solo in un rendiconto esistenziale ma in
un lucido apologo dei malcostumi italiani che trova il suo tripudio nel
finale profondamente amaro, caso quasi unico, a questi livelli, nel
cinema del regista romano. Quello che però manca è la capacità di
rendere il discorso omogeneo e di sapersi elevare al di sopra di un
pittoresco libello che, tra momenti trash, personaggi macchiettistici e
trovate divertenti, non va mai oltre la dimensione parziale della
meschina "italietta", popolata da simpatiche canaglie e subdoli
affabulatori. Pur meritando ampiamente la visione, reputo quest'opera,
nell'ambito della filmografia di Carlo Verdone, sicuramente inferiore al
"nevrotico" Maledetto il giorno che t'ho incontrato, ennesima ma riuscita declinazione della "battaglia" tra i sessi, ed al frizzante Borotalco, che è l'apice goliardico dell'irresistibile cialtroneria "verdoniana", costruito su dei personaggi a loro modo memorabili.
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