Mentre indaga su un misterioso traffico di diamanti che sta mettendo in ginocchio il mercato mondiale, 007 si allea con la bella contrabbandiera Tiffany e con il suo aiuto scopre che i diamanti rubati sono stati usati per finanziare un micidiale satellite capace di distruggere l'armamento nucleare delle superpotenze tramite un raggio laser. Ovviamente dietro a tutto questo c'è sempre Blofeld e la sua SPECTRE, che dirige le operazioni da una piattaforma petrolifera nell'oceano. Dopo il flop di Lazenby, Albert Broccoli (storico produttore della saga)
riesce a convincere Sean Connery a tornare, per la sesta volta, nei
panni dell’agente segreto più famoso del mondo. Ma gli anni passano
inesorabili e l’attore scozzese ha perso smalto e convinzione, oltre che
i capelli, e tutto il film ne risente. Questo suo ultimo Bond (a parte
l’inatteso e controverso ritorno “apocrifo” del 1983) è anche il suo
peggiore. Eppure non mancano le trovate spettacolari di grande effetto
per un film discreto, ma ben al di sotto degli standard scintillanti
degli anni ’60. E dopo di questo Connery, visibilmente stanco e deluso,
dirà il famoso “never again”, poi puntualmente parodiato dall’efficace
titolo del remake del 1983 (“Never say never again”). Il nemico giurato Blofeld viene stavolta interpretato da Charles Gray, mentre Jill St. John è la "Bond girl".
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