La scomparsa di due sommergibili nucleari porta Bond a collaborare con la bella spia russa Anya Armasova, contro cui si è dovuto scontrare nel prologo del film. I due agenti riescono a smascherare il folle armatore nordico Stromberg, che intende costruire un nuovo ordine mondiale partendo dagli abissi marini. Dalla sua base sottomarina nascosta nell'oceano il folle criminale intende usare le testate atomiche dei sommergibili rubati per attaccare l'America e la Russia, scatenando una guerra mondiale. I nostri riusciranno ovviamente a fermarlo e, manco a dirlo, intrecciarono una bollente relazione ma una brutta sorpresa attende 007 quando Anya scopre che è stato proprio lui, durante una missione, ad uccidere il suo amato fidanzato, l'agente Sergei Borzov (che quindi è "la spia che mi amava" del titolo). Decimo film della saga e terza volta di Roger Moore come James Bond.
Capitolo dignitoso e godibile, con un’estrema varietà di ambientazioni
(anche la nostra Sardegna) ed una regia di buon mestiere funzionale
all’azione incessante. Il film si fa ricordare per la sfolgorante
bellezza di Barbara Bach, che diverrà una delle “Bond girl” più
celebrate, e per la comparsa di “squalo”, il gigante cattivo dai denti
di metallo, che tornerà in un altro episodio della serie, caso quasi
unico di comprimario che ruba la scena al villain principale. A partire
da questo episodio la saga inizia a virare nel caricaturale, finendo poi
per eccedere grossolanamente nelle pellicole successive, e dimenticando
del tutto il sottile equilibrio tra dramma e ironia che aveva segnato
la fortuna dei film con Sean Connery.
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