Storia di un amore intenso, proibito, tragico e "maledetto" tra un
brillante chirurgo romano, Timoteo, ed una derelitta immigrata albanese,
Italia, spezzata dalle angherie della vita ma ancora capace di
rimettersi in gioco con disperata passione. Tra un matrimonio borghese
ipocrita e fasullo ed il dramma familiare di una figlia ridotta in coma
da un incidente stradale, l'inquieto Timoteo rivive nella memoria i
momenti vibranti di questo suo amore segreto ed ingombrante, che ha
segnato inesorabilmente la sua vita con un solco profondo impossibile da
richiudere. Dall'omonimo romanzo della moglie Margaret Mazzantini,
Castellitto ha tratto un film vibrante, viscerale, una dolorosa
riflessione sul senso (anzi sulla mancanza di senso) della vita e
dell'amore, come suggerito dalla fortunata canzone di Vasco Rossi,
scritta per la colonna sonora. Non esente dal furbo sentimentalismo,
dall'estetica da "soap opera" e dalla retorica a buon mercato dei
prodotti nostrani di questo tipo, la pellicola riesce ad ergersi sopra
la media grazie all'interpretazione intensa e struggente di Penelope
Cruz che, imbruttita ad arte per l'occasione, afferma prepotentemente il
suo talento di attrice drammatica, e grazie alla regia ricercata di
Castellitto che, con una serie di soluzioni visive interessanti, cerca
in tutti i modi di elevarsi dal format "televisivo" in cui il nostro
cinema "commerciale" è perennemente invischiato. Il risultato finale è
decoroso, probabilmente amplificato (ahinoi!) dalla risibile pochezza
dei suoi simili.
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