martedì 6 settembre 2016

Apri gli occhi (Abre los ojos, 1997) di Alejandro Amenábar

Cesàr è giovane, bello, ricco e cambia donna ogni sera, fino a che l’incontro con Sofia, da cui risulta subito stregato, sembra dare inizio a una nuova fase della sua vita. Ma la tragedia è dietro l’angolo: una sua ex amante delusa, folle di rabbia, lo coinvolge in un terribile incidente stradale in cui lei risulta uccisa e lui sfigurato. Costretto a indossare una maschera, Cesàr finisce in cura da uno psichiatra a cui prende a raccontare la sua vita. Ma degli strani incubi iniziano a mescolarsi con la realtà e l’uomo finisce in un angosciante labirinto psicologico, incapace di separare gli eventi reali dalle sue visioni. Ma sono davvero visioni? Inquietante thriller onirico di Amenábar, sospeso tra fantascienza e psicanalisi, affascinante nell’intreccio sempre più ermetico ed angosciante e nell’impianto narrativo fatto di continui flashback e salti temporali fuori e dentro la mente del protagonista. Tutto si gioca sul confine sottile tra realtà e sogno, tra io e subconscio, sensi di colpa e pulsioni emozionali e il meccanismo avvince lo spettatore nei suoi continui spiazzamenti, salvo poi deludere nel finale ambiguo che cerca di spiegare l’inspiegabile, finendo per arrotolarsi su se stesso.  A parte questo è un’opera di culto, ambiziosa e interessante, formalmente curatissima, che vanta numerosi ammiratori ed ha avuto uno straordinario successo di pubblico in Spagna (alcuni sostengono che abbia addirittura superato gli incassi di Titanic nella città di Madrid). E’ uno di quei classici film da prendere o lasciare, verso cui è difficile avere mezze misure e che potrebbe risultare, probabilmente, troppo ostico per il pubblico mainstream abituato al limpido finale chiarificatore. Peccato che l’ammaliante intreccio oscuro ordito nella prima parte non venga poi sostenuto fino in fondo nella seconda, in cui l’opera vira decisamente nel fantastico, forse cedendo alla tentazione dello “spiegone” a tutti i costi. Una maggiore personalità registica, con conseguente continuità di approccio, avrebbe giovato. Ottimo il cast con Eduardo Noriega, Penélope Cruz e Fele Martínez, tutti bravi e “giusti” nei rispettivi ruoli. Il divo Tom Cruise fu così entusiasmato da questa pellicola europea da voler produrre e interpretare uno scialbo quanto inutile remake hollywoodiano, Vanilla Sky (2001) di Cameron Crowe, sempre con Penélope Cruz nel ruolo della protagonista femminile. Remake che verrà ricordato unicamente per motivi di gossip: infatti fu proprio su questo set “galeotto” che ebbe inizio la relazione tra Cruise e la Cruz, segnando la fine del matrimonio del famoso attore con Nicole Kidman.

Voto:
voto: 3,5/5

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