In un vecchio teatro sulla 42ª strada, destinato alla demolizione, un gruppo di attori professionisti stanno facendo le prove
per portare in scena la commedia “Zio
Vanja” di Anton Čechov. La bellezza del testo in breve conquista tutti gli
interpreti, che si immedesimano a tal punto nella storia da rendere attuali (e
forse reali) i contrasti e le emozioni dei rispettivi personaggi,
interiorizzandoli e adattandoli alla loro situazione personale. Straordinaria
opera ultima di Louis Malle (che morì l’anno dopo), che si congeda dal suo
pubblico con questa memorabile commedia tragica che intende filmare il Teatro
(quello con la T
maiuscola), innescando affascinanti riflessioni sul rapporto tra arte e vita,
realtà e finzione, persone e personaggi. La natura stessa del progetto è conforme
al paradossale “gioco delle parti” sotteso nell’opera: infatti il film è tratto
da un’opera teatrale di David Mamet, a sua volta tratta dalla commedia di Čechov.
Rendendosi invisibile ma empaticamente vicino ai suoi personaggi, l’autore
celebra il potere della recitazione e la forza della parola con classe
sopraffina, maturità espressiva e assoluto controllo della narrazione. Notevole
la sua abilità nel mantenere in funambolico equilibrio l’acre umorismo e la
violenza implosiva presenti nel testo ispiratore e puntualmente ribaltati nella
sua rappresentazione scenica, in un gioco di specchi a più livelli di assoluta
fascinazione. Da applausi l’intero consesso degli attori, tra cui citiamo Wallace
Shawn, George Gaynes, Julianne Moore, Larry Pine, Lynn Cohen, Phoebe Brand. E’
un film colto per cinefili, che potrebbe risultare indigesto al pubblico mainstream, da preferire nella sua
versione originale (magari con l’ausilio dei sottotitoli) per le numerose
sfumature linguistiche che si perdono inevitabilmente nel doppiaggio italiano.
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