lunedì 5 settembre 2016

L'uomo che cadde sulla Terra (The Man Who Fell to Earth, 1976) di Nicolas Roeg

Un alieno arriva sulla terra alla ricerca di risorse naturali (acqua in particolare) per cercare di salvare il suo pianeta, condannato da una grave siccità. Assume sembianze umane con il nome di Thomas Jerome Newton e, grazie alle sue superiori conoscenze, diventa un ricco magnate delle comunicazioni. Ma non ha fatto i conti con le bassezze della razza umana. Affascinante opera di fantascienza psicologica, conforme alla tendenza di pessimismo sociologico esistenziale assai in voga negli anni ’70. E’ tratta dall’omonimo romanzo di Walter Tevis, adattato da Roeg con estro psichedelico e inventiva visionaria. Nonostante una sceneggiatura discontinua e non esattamente granitica, il film ha forza e personalità nella sua ricerca di una via anti spettacolare e trova il suo assoluto punto di forza nella sua originale logica in soggettiva, che ci mostra il nostro mondo da un punto di vista alieno. Fondamentale, in tal senso, l’interpretazione magnetica e stranita dell’androgino David Bowie, star del rock spesso “prestata” al cinema, che qui fa il suo vero debutto come attore. Bowie si è donato totalmente al progetto e ci offre una performance notevole, carica di ambiguità, di carisma e di debolezze, in cui alcuni hanno voluto cogliere allegorie cristologiche. La vicenda dell’alieno caduto sulla terra diventa una tagliente parabola sulla solitudine, sulla diversità e sulle peggiori pulsioni dell’essere umano che, istintivamente, aggredisce e distrugge ciò che non capisce. Così l’extraterrestre protagonista diventa lo specchio dolente delle nostre paure, dei nostri vizi e delle nostre ipocrisie. Il film è un cult della fantascienza “alternativa” dei 70’s pervaso da sinistre atmosfere funeree fin dalle prime immagini. Notevole il commento musicale che alterna brani rock (ovviamente anche di Bowie) a musica classica.

Voto:
voto: 4/5

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