Un
alieno arriva sulla terra alla ricerca di risorse naturali (acqua in
particolare) per cercare di salvare il suo pianeta, condannato da una grave
siccità. Assume sembianze umane con il nome di Thomas Jerome Newton e, grazie
alle sue superiori conoscenze, diventa un ricco magnate delle comunicazioni. Ma
non ha fatto i conti con le bassezze della razza umana. Affascinante opera di
fantascienza psicologica, conforme alla tendenza di pessimismo sociologico
esistenziale assai in voga negli anni ’70. E’ tratta dall’omonimo romanzo di
Walter Tevis, adattato da Roeg con estro psichedelico e inventiva visionaria.
Nonostante una sceneggiatura discontinua e non esattamente granitica, il film
ha forza e personalità nella sua ricerca di una via anti spettacolare e trova
il suo assoluto punto di forza nella sua originale logica in soggettiva, che ci
mostra il nostro mondo da un punto di vista alieno. Fondamentale, in tal senso,
l’interpretazione magnetica e stranita dell’androgino David Bowie, star del
rock spesso “prestata” al cinema, che qui fa il suo vero debutto come attore.
Bowie si è donato totalmente al progetto e ci offre una performance notevole,
carica di ambiguità, di carisma e di debolezze, in cui alcuni hanno voluto cogliere
allegorie cristologiche. La vicenda dell’alieno caduto sulla terra diventa una
tagliente parabola sulla solitudine, sulla diversità e sulle peggiori pulsioni
dell’essere umano che, istintivamente, aggredisce e distrugge ciò che non
capisce. Così l’extraterrestre protagonista diventa lo specchio dolente delle
nostre paure, dei nostri vizi e delle nostre ipocrisie. Il film è un cult della
fantascienza “alternativa” dei 70’s pervaso da sinistre atmosfere funeree fin
dalle prime immagini. Notevole il commento musicale che alterna brani rock
(ovviamente anche di Bowie) a musica classica.
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