Giulia
è una borghese depressa, fidanzata con un terrorista pentito che è
probabilmente responsabile della morte di suo padre, funzionario di polizia
tragicamente caduto sotto i proiettili della lotta armata allo stato.
Combattuta tra i sensi di colpa e una sfrenata voracità sessuale, la donna vive
l’ambiguo rapporto come una sorta di auto castigo. L’incontro con un giovane
liceale la distoglierà da tutto questo, facendola precipitare in una passionale
relazione erotica. Controverso dramma psicologico di Bellocchio, che sotto la
patina “scandalosa” (che lo ha reso celebre, suscitando gli strali della
censura dell’epoca) cela il disagio e lo smarrimento di una nazione uscita
sconvolta dagli “anni di piombo” e ancora incapace di trovare una propria
direzione dopo lo sfacelo portato dall’eversione terroristica. Tenendo il
terrorismo costantemente fuori fuoco, l’autore emiliano sceglie di soffermarsi principalmente
sull’aspetto sessuale per psicanalizzare nel profondo le inquietudini delle
vittime e scegliendo, nuovamente, come bersaglio la borghesia. Peccato che la
forza polemica dell’opera, indubbiamente tagliente nella suo coraggio
trasgressivo, si perda in una sceneggiatura sfilacciata e diseguale, che alterna
sequenze magnificamente inquietanti a momenti grevi. Fatto a pezzi dalla
critica e incompreso dal pubblico, il film viene principalmente ricordato per
la “generosa” avvenenza fisica della protagonista (l’olandese Maruschka Detmers,
passata come una meteora nel nostro cinema d’autore) e per la scena della fellatio (si dice non simulata) che
venne puntualmente sforbiciata da tutte le versioni circolanti (anche quelle in
VHS). Rivisto oggi, con lo spettro del terrorismo ormai lontano e una maggiore
disinibizione dei costumi, l’opera appare per quella che è: il tentativo un po’
incerto di un ribelle patentato di scuotere la coscienza civile nazionale di
fronte ad una piaga ancora dolorosa, che ne aveva scosso le fondamenta
ideologiche e morali. Il tentativo (artistico) di esorcizzarne le scorie
mefitiche e di cacciar fuori il dolore (il diavolo) dal corpo dei sopravvissuti
“feriti”. Non è di certo tra i film migliori di Bellocchio ma è pur sempre
funzionale (e coerente) con la sua concezione estetica e politica.
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