Nell’anno
2092 un uomo di 117 anni, di nome Nemo Nobody, è l’ultimo superstite della
razza umana “tradizionale”, ovvero l’ultimo uomo destinato a morire di
vecchiaia. Infatti il crescente progresso scientifico ha consentito all’umanità
di sconfiggere la morte e divenire immortale grazie ad un ciclico processo di
rinnovamento cellulare detto “telomerizzazione”. La curiosità mediatica intorno
al destino e alla vita dell’ultracentenario è enorme, al punto che viene
istituito un reality show per
trasmettere in diretta i suoi ultimi istanti. In attesa dell’evento, Nobody,
che dice di non ricordare nulla del suo passato, viene sottoposto ad ipnosi da
parte di uno psicologo, affinché possa rammentare e raccontare i momenti principali
della sua lunga esistenza. Ne verrà fuori un disordinato flusso di ricordi,
emozioni e vicende, in cui è impossibile separare la realtà dal sogno, i fatti
realmente accaduti da quelli che sarebbero potuti accadere, le occasioni colte
da quelle perdute, in un labirinto di eventi che abbracciano tre fasi salienti
della vita dell’uomo: l’infanzia con la separazione dei genitori, l’adolescenza
con i primi tumultuosi amori e l’età adulta con le difficoltà ad essa connesse.
L’opus n. 3 di Jaco Van Dormael,
talentuoso regista belga, è un’ambiziosa e abbacinante polifonia di immagini,
suggestioni e sensazioni, sotto forma di affresco caotico surreale sospeso tra
simbolismo onirico e odissea esistenziale di matrice universale. Divenuto
rapidamente un’opera di culto presso il pubblico giovanile, questo film ostico
e sorprendente ha suscitato reazioni estreme, di fanatica adorazione o di
deluso sconcerto, ma non ha mai lasciato indifferente nessuno tra coloro che lo
hanno visto, anche solo per pura curiosità. Ipnotico e visionario, astratto e
sfuggente, confuso e audace, straripante nella sua ricchezza visiva ed
ammaliante negli intrecci intellettuali, il film è una potente riflessione
allegorica sulla scelta e su come
questa determini il destino dell’uomo, creando snodi esistenziali e percorsi di
vita alternativi, in una moltitudine di diramazioni interconnesse, ciascuna
delle quali corrisponde a una possibile vita parallela. L’enorme lavoro
concettuale alla base dell’opera dà luogo a una commistione di generi
(fantascienza, racconto drammatico, romanzo sentimentale), a una miriade di
citazioni (Kubrick, Penn, Mèdem, Fincher, Greenaway) e ad un esuberante magma
di contenuti paradossali come la teoria del caos, la teoria delle stringhe, gli
universi paralleli, il tutto condito con riflessioni psicoanalitiche, influssi
pirandelliani, surrealismo ontologico, melodramma etereo, lampi poetici,
astrazioni filosofiche. C’è tanto e forse troppo in quest’opera omnia che ci avvolge e ci frastorna con
la sua estetica stupefacente, a metà strada tra incubo e videogioco. A tratti
emerge il forte sospetto di manierismo autoreferenziale, altre volte
l’ambizione concettuale deborda nell’enfasi iperbolica, ma il quadro
d’insieme resta comunque sfavillante, emozionante, coinvolgente. Il viaggio a zig
zag nella mente di Nobody e nel suo tempo interiore, attraverso un incredibile
caleidoscopio di flashback, diventa
la metafora fantastica del destino dell’uomo e di tutte le possibili vite che
egli avrebbe potuto vivere modificando le sue scelte. E’ infatti evidente, fin
dal nome mitologicamente simbolico, che Nobody sia l’emblema di tutti gli
uomini e di nessuno. Da elogiare in toto il ricco cast in cui svetta il
protagonista Jared Leto, all’apice del suo trasformismo, affiancato da Sarah
Polley, Diane Kruger, Rhys Ifans, Natasha Little, Juno Temple. Degni di lode
anche gli straordinari effetti visivi e la brillante colonna sonora eterogenea
che mescola temi originali (composti dal fratello del regista) a brani
classici. Nel 2010 è uscita una versione estesa del film, con circa 16 minuti
aggiuntivi rispetto a quella cinematografica, per la gioia dei suoi numerosi
fans. Entrambe meritano la visione, anche se la release originale uscita in sala è da preferire.
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