lunedì 20 marzo 2017

Carnage (Carnage, 2011) di Roman Polanski

Due coppie s’incontrano in un appartamento di Brooklyn per discutere di una spiacevole lite che ha coinvolto i loro figli adolescenti, in cui uno dei due ha riportato la rottura di alcuni denti. L’incontro avviene in casa dei Longstreet, Penelope e Michael, ovvero la parte lesa. Gli ospiti sono i Cowan: Nancy, con un problema di debolezza di stomaco, e Alan, broker saccente sempre incollato al telefono cellulare. Ben presto la discussione degenera, va ben oltre gli argomenti che l’hanno intavolata e si trasforma in un sottile gioco al massacro in cui tutti litigano con tutti, persino nell’ambito della stessa coppia. Perfido dramma da camera in forma di acida commedia nera, tratto dalla pièce teatrale “Il dio del massacro” di Yasmina Reza e diretto con magistrale cinismo da un Roman Polanski in forma smagliante. L’evidente impianto teatrale dell’opera (tutta ambientata in una camera e tutta basata su dialoghi) non nuoce alla resa cinematografica, anzi la esalta dando vita a grande cinema su palcoscenico più che a teatro filmato. La sottigliezza delle inquadrature, la macchina da presa che si muove ora assecondando ora contrastando il punto di vista dei “duellanti”, l’utilizzo dinamico degli spazi ristretti, il patos tagliente dei dialoghi e le gag irresistibili ne fanno un piccolo gioiello cinefilo non indegno dello straordinario esordio del grande regista polacco: quel memorabile Il coltello nell’acqua che pure utilizzava un microcosmo ristretto (la barca) per tracciare una spietata parabola antropologica universale. Straordinario il cast di stelle con ben tre premi Oscar: Jodie Foster, Kate Winslet, Christoph Waltz e John C. Reilly, che fanno a gara a chi è più bravo, quasi assecondando il soggetto del film. Tra ironia feroce, satira irriverente e sottili riferimenti hitchcockiani, Polanski si diverte (e ci diverte) nel tratteggiare un disincantato dileggio del conformismo borghese e della turpe arroganza che si cela sotto la coltre di ipocrisia e di buone maniere che ne regolano le fasulle convenzioni sociali. Reso ancora più pungente dalla breve durata (79 minuti), questo impagabile divertissement al vetriolo dimostra che il vecchio leone Polanski ha ancora grinta e classe da vendere. E che non ha ancora regolato tutti i suoi conti nei riguardi del Sogno Americano.

Voto:
voto: 4/5

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