Dopo
l’attacco alle torri gemelle di New York dell’11 settembre 2001, il terrorista
Osama Bin Laden (fondatore e leader di al-Qāʿida, famigerata organizzazione
eversiva islamica) diventa il nemico pubblico numero uno degli Stati Uniti. Per
circa dieci anni la brillante agente della CIA Maya Lambert si dedica anima e
corpo alla caccia a Bin Laden, insieme ad un team di agenti speciali del
servizio segreto americano e ad alcuni membri dei Navy Seals. La lunga ricerca
per stanare l’uomo più odiato d’America, divenuto nell’immaginario popolare il
simbolo del terrorismo internazionale e il responsabile dell’attacco dell’11
settembre, diventa un’autentica ossessione per Maya, che sarà costretta a
fronteggiare sporchi giochi di potere, a convivere con lo scetticismo dei suoi superiori
ed a venire a patti con la propria coscienza. Potente e intenso dramma a sfondo
bellico diretto dalla Bigelow con enfasi appassionata, crudo realismo ed una
visionarietà “elettrica” nella costruzione delle immagini, specialmente nel
lungo e straordinario segmento finale dell’attacco al covo di Bin Laden:
adrenalina pura e sperimentazione visiva da vivere tutta d’un fiato. Una
sequenza al cardiopalma che cerca, riuscendoci in parte, di ridefinire gli
stilemi del cinema d’azione contemporaneo. Tra documento storico ed inevitabili
indulgenze romanzate, la Bigelow
mette in scena un film funereo e vibrante, che riesce a tenere alta la tensione
anche nelle numerose scene di dialogo o nelle riunioni investigative. La
pellicola è basata sulle attività dei servizi segreti che hanno portato all’uccisione
di Osama Bin Laden, avvenuta nella notte del 2 maggio 2011 ad Abbottabad
(Pakistan); in particolare lo sceneggiatore e giornalista Marc Boal ha tratto
spunto da documenti e testimonianze reali (da lui stesso raccolte) di veri agenti
operativi della CIA impegnati sul fronte antiterrorismo. Ad un certo livello il
film è la storia di un’ossessione: quella della protagonista Maya, interpretata
con focosa intensità da Jessica Chastain, e quella di una nazione, l’America,
che, nel perseguire il proprio demonio, è costretta a specchiarsi nella sua
cattiva coscienza, rivedendo regole e coordinate morali in nome del
machiavellico “fine che giustifica i mezzi”. Assolutamente emblematica, in tal
senso, la scena in cui Maya e i suoi collaboratori guardano in tv l’intervista
al presidente Obama che afferma con veemenza che “l’America non ricorre alla tortura” e il primo piano stringe,
implacabile, sugli occhi profondi della donna. La magnifica protagonista (che
regge da sola il peso del film) è una donna complessa e tenace, un’eroina
moderna che combatte non solo contro il nemico da abbattere ma anche contro il
pregiudizio e le discriminazioni di chi le sta a fianco. Una donna forte in un
mondo di uomini forti, in lotta per dimostrare di essere all’altezza e per
affermare le pari opportunità. Una vicenda in fondo assai simile a quella della
regista, che ha dovuto sudare le proverbiali sette camicie per togliersi di
dosso l’etichetta di (ex) moglie di Cameron e vedere riconosciuto il proprio
talento artistico. Il tentativo di bilanciare la tronfia arroganza
militaristica tipicamente americana con la pur superficiale conoscenza della
cultura del “nemico” (si veda la sequenza della Chastain in burka che appare
quanto meno forzata) è grossolano, ma non è di certo questo il punto di forza
del film. Forse una maggiore e più sfumata complessità nell’approccio al mondo
arabo avrebbe giovato ma va altresì riconosciuto che la Bigelow non lesina
caustici attacchi al governo del suo paese. Candidato a cinque premi Oscar
(film, la Chastain
attrice protagonista, sceneggiatura, montaggio e montaggio sonoro), ha vinto
solo l’ultimo tra i premi per cui era in lizza. Completano il cast Joel
Edgerton, Jason Clarke, Jennifer Ehle e Mark Strong. Il titolo vuol dire, in
gergo spionistico, “mezzanotte e mezzo”, ovvero l’orario in cui scattò l’operazione
militare che segnò la fine di Osama Bin Laden.
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