lunedì 6 marzo 2017

Free State of Jones (Free State of Jones, 2016) di Gary Ross

Mississippi, 1862, durante la guerra di secessione americana: un colono della contea di Jones, Newton Knight, diserta dall’esercito confederato perché non crede più nella causa sudista, né in quella guerra che sta portando morte e distruzione nel suo territorio. Stanco dei soprusi e delle ingiustizie a cui ha assistito, il tenace Knight raduna un manipolo di dissidenti (tra cui anche schiavi neri scappati dalla prigionia) con cui si rifugia nelle paludi e dà inizio a una ribellione armata contro la prepotenza dei militari. Col passare degli anni la rivolta di Knight infiammò gli animi di molti e divenne quella di un’intera contea, che decise di staccarsi dalla Confederazione, proclamandosi stato libero e autonomo, contrario allo schiavismo e sostenitore dei diritti dei poveri coltivatori di frumento contro i ricchi latifondisti delle piantagioni di cotone. L’unione del leader Newton Knight con una ex schiava di colore (da cui ebbe anche un figlio), sancì la travagliata nascita della prima comunità americana di razza mista, che fu comunque osteggiata da dissidi interni e da forze esterne di risoluta opposizione. Intenso dramma storico biografico, ispirato alle reali gesta di Newton Knight e alla sua battaglia idealista contro quel potere economico militare che trascinò il Sud degli Stati Uniti nella cruenta guerra di secessione dagli stati del Nord. Diretta con navigato mestiere da Gary Ross, è un’opera sontuosa nella ricostruzione storico ambientale (le sequenze di battaglia della prima parte sono di crudo realismo e di tagliente efficacia), in bilico tra la mitizzazione romantica del protagonista eroe (un rude Robin Hood d’oltre oceano) e la chiara legittimità dei principi da lui difesi. Ora utopistico, ora didascalico, il film eccelle nei suoi contenuti antimilitaristi e antirazzisti, ma manca in sottigliezza nella descrizione degli eventi e nella caratterizzazione dei personaggi, a cui una maggiore ambiguità di fondo avrebbe giovato. Ad esempio si poteva approfondire molto meglio il contrasto tra i nobili ideali di Knight, che proclama più volte l’uguaglianza di tutti gli uomini al di là di razza e credo, e le sue azioni non sempre cristalline, come l’abbandono repentino della famiglia per sfuggire ai soldati che lo braccavano per il reato di diserzione. E se la prima metà del film è notevole per aspro verismo, la seconda è più canonica a causa dell’accumulo di situazioni e di semplificazioni storiche. Molto buono il cast con un vigoroso Matthew McConaughey (che ha ormai definitivamente rinnegato il suo passato di commedie frivole in favore del cinema impegnato), il bravo Mahershala Ali (di recente premiato con l’Oscar per Moonlight) e poi Keri Russell, Gugu Mbatha-Raw, Jacob Lofland. Nonostante gli scompensi e le approssimazioni è un film che merita la visione, sia come documento storico per portare all’attenzione vicende di cui pochi sono a conoscenza, sia come emblematica risposta cinematografica al trumpismo.

Voto:
voto: 3,5/5

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