lunedì 13 marzo 2017

Subway (Subway, 1985) di Luc Besson

Fred, stravagante ladro di documenti riservati, per sfuggire alla caccia dei poliziotti e di un manipolo di sicari, si rifugia nei cunicoli del metrò parigino. Innamoratosi della bella Héléna, donna ricca e infelice, vittima del suo ultimo furto, la conduce nei segreti del mondo sotterraneo che ha appena scoperto, facendole conoscere la pittoresca umanità alienata che vi abita. Qui la donna, prigioniera in una gabbia dorata di ipocrisia e buone maniere, riscopre il gusto dell’amore e di un’aspra vitalità che aveva solo immaginato potesse esistere. Opera seconda e primo successo del manierista Besson, il regista francese che fa film all’americana. E’ un variopinto dramma surreale, sospeso tra la commedia nera e il fantastico sociale, che c’immerge in un improbabile universo di personaggi eccentrici, in bilico tra grottesco e tenerezza. Ricco di difetti così come d’invenzioni, è un manifesto emblematico del cinema di Besson: graffiante e malinconico, esagitato e artificioso, provocatorio fino all’insolenza, impregnato sino al midollo di quella cultura avantpop che inneggia ai media più disparati: dalla televisione alla musica rock, passando anche per il fumetto. Il contesto sociale è grossolano, l’elegia degli emarginati è superficiale e non mancano le banalità, ma il mix tra ironia e malinconia funziona alla perfezione e si cuce addosso ai personaggi stilizzati con pungente sarcasmo: il ladro romantico e stralunato di Christopher Lambert, la borghese depressa di Isabelle Adjani, il dolce fioraio di Richard Bohringer, il commissario sornione di Michel Galabru, il pattinatore briccone di Jean-Hugues Anglade, il batterista tonto di Jean Reno. Molto belle le musiche di Éric Serra, che partecipa anche al film nel ruolo del taciturno bassista compositore sempre con occhiali da sole, e dense di fascino le ambientazioni sotterranee curate dallo scenografo Alexandre Trauner.

Voto:
voto: 3,5/5

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