venerdì 3 marzo 2017

Il gabinetto del dottor Caligari (Das Cabinet des Dr. Caligari, 1920) di Robert Wiene

Holstenwall, Germania, 1830: il dottor Caligari è un losco imbonitore di fiera che esibisce alla gente il sonnambulo Cesare, reso schiavo dall’ipnosi. In realtà l’uomo utilizza il malcapitato Cesare per fargli commettere dei delitti al suo posto. Uno studente di nome Franz scopre i crimini di Caligari e ne svela la reale identità. Ma ci sarà un colpo di scena. Capolavoro assoluto dell’espressionismo tedesco e del cinema muto, che doveva essere diretto da Fritz Lang che fu però sostituito dal meno conosciuto Wiene. Fu il primo horror di qualità e può essere considerato come il padre legittimo (e nobile) dell’intera cinematografia horror fantastica, che ne sarà inevitabilmente influenzata anche solo in maniera seminale. Per la sua forza surreale, per il suo genio figurativo, per la sua visionarietà onirica, per la sua estetica bidimensionale, per la sua beffarda ambiguità, per la sua capacità di confondere incubo e realtà, per la sua allucinata doppiezza tematica, è un’opera straordinaria, un autentico monumento del cinema muto. Memorabile l’uso espressionista delle scenografie che deformano gli ambienti interni e i vicoli della cittadina medievale in cui è ambientata la vicenda, producendo un angosciante straniamento grafico che sottolinea (e incornicia) il tema del doppio che è il cuore narrativo dell’opera. Gli incredibili sfondi dipinti che implementano la scenografia ipnotica del film furono realizzati dai pittori Walter Reimann e Walter Röhrig, mentre la sceneggiatura fu scritta, a “quattro mani”, da Carl Mayer e Hans Janowitz. Il celebre finale a sorpresa, che in parte indebolisce l’intento sarcastico della pellicola come apologo gotico contro la tirannia prussiana, fu voluto (e aggiunto) dal produttore Erich Pommer. Inutile dire che Mayer e Janowitz non gradirono affatto. Ispirato alla grande tradizione epico fantastica del romanticismo tedesco, il film è capace di evocare fantasmi reconditi e lugubri premonizioni, che poi troveranno nefasta attuazione storica nel successivo movimento nazista. Come più volte accaduto la vera arte è capace di saper leggere, interpretare e addirittura prevedere i segni del suo tempo. E questo è uno dei requisiti che lega idealmente tanti capolavori cinematografici di epoche diverse. Le incredibili caratterizzazioni di Cesare (con il suo trucco da mimo) e di Caligari (primo “mostro” cattivo della settima arte) sono rimaste indelebili nell’immaginario collettivo. Dal punto di vista filosofico il film è passato alla storia per la messa in discussione del modello di percezione oggettiva della realtà e, di conseguenza, per l’utilizzo artificioso dell’immagine come elusiva forma plastica di un mondo immateriale affine all’inconscio. La versione restaurata di 75’ del 2014, curata dalla Cineteca di Bologna, ha restituito al capolavoro di Wiene l’antico splendore formale ed è incredibile come, ad una visione contemporanea, l’opera non abbia perso un grammo del suo fascino onirico. Oggi come allora.

Voto:
voto: 5/5

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