martedì 14 marzo 2017

Millennium - Uomini che odiano le donne (The Girl with the Dragon Tattoo, 2011) di David Fincher

Mikael Blomkvist è un giornalista zelante, direttore di una rivista che si occupa di truffe e di scandali, divenuto celebre a causa di una condanna per diffamazione nei confronti di un potente imprenditore. Viene contattato dal magnate svedese Henrik Vanger, che gli affida una delicata indagine: scoprire la sorte di sua nipote Harriet, misteriosamente scomparsa da quarant’anni, che lui sospetta essere stata uccisa da un membro della sua famiglia. Per indagare sul caso il reporter viene affiancato da Lisbeth Salander, una giovane hacker tutta piercing e tatuaggi, afflitta da un doloroso passato. Tormentata e selvaggia, ma anche abilissima in materia informatica, Lisbeth si rivela una preziosa alleata ed intreccia con l’integerrimo Mikael una bollente relazione sessuale. Ma l’indagine in cui i due si sono imbarcati li porterà a scoprire un mondo di perfidi inganni e brutali violenze, mettendo a repentaglio le loro stesse vite. Questo cupo noir investigativo, dai toni macabri e dalle atmosfere perverse, è il secondo adattamento cinematografico del romanzo “Uomini che odiano le donne” di Stieg Larsson (che è, a sua volta, il primo capitolo della trilogia letteraria “Millennium”), dopo il film di Niels Arden Oplev del 2009. Meno fedele del suo predecessore rispetto al testo ispiratore, questo potente thriller nero incarna perfettamente l’estetica del suo regista, autore di straordinario talento da sempre interessato agli abissi più oscuri dell’animo umano. Come già visto nei suoi memorabili thriller precedenti (Seven, Zodiac) Fincher, più che al meccanismo della caccia, è interessato alla personalità dei cacciatori e alle dinamiche che s’instaurano tra di loro, scavando impietosamente nelle pieghe nascoste della psiche, nei traumi inconfessabili, nelle paure recondite. La violenza disturbante di alcune sequenze è superata da quella psicologica di cui il cuore dell’opera è intriso e che striscia minacciosa tra i meandri della narrazione. Dal punto di vista tecnico l’autore ci regala un altro gioiello, grazie alla fotografia algida, al montaggio serrato, agli scenari autunnali che trasudano inquietanti minacce. E come non citare gli spettacolari titoli di testa che omaggiano, con puro genio visivo, l’estetica cyberpunk, a metà strada tra feticismo e sgradevolezza, propria del personaggio di Lisbeth, ambigua icona dell’universo letterario creato da Larsson. Nel grande cast, che annovera Daniel Craig, Christopher Plummer, Stellan Skarsgård e Robin Wright, svetta un’intensa Rooney Mara, capace di offrirci una trasformazione fisica impressionante per dar vita alla sua Lisbeth aspra e sensuale, vulnerabile e risoluta, scaltra e “maledetta”. Il suo personaggio rappresenta il fulcro emotivo, l’anima brada e la cifra stilistica dell’intera pellicola, il frutto del grande lavoro compiuto dall’attrice e dal regista. Il film ha ricevuto cinque nominations ai premi Oscar (tra cui la Mara come miglior attrice protagonista), ma ha vinto solo la statuetta per il miglior montaggio (Kirk Baxter e Angus Wall).

Voto:
voto: 4/5

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