giovedì 17 agosto 2023

Parnassus - L'uomo che voleva ingannare il diavolo (The Imaginarium of Doctor Parnassus, 2009) di Terry Gilliam

Il Dottor Parnassus è il capo di una compagnia teatrale itinerante che gira con un carrozzone nelle scalcinate periferie di Londra, per presentare uno spettacolo intitolato "The Imaginarium". I suoi aiutanti sono il giovane Anton, sua figlia Valentina e il nano Percy. Al gruppo si unisce l'affascinante Tony, un simpatico truffatore in fuga da criminali russi, che viene assunto come venditore di biglietti e che ben presto ruba il cuore di Valentina, provocando la gelosia di Anton che è da sempre innamorato di lei. Il fulcro dello show è uno specchio magico dotato di poteri straordinari: chiunque lo attraversi si ritrova in un mondo fantastico dove i suoi desideri prendono vita. Ma Parnassus nasconde un terribile segreto: per ottenere tutto questo ha stretto un patto con il diavolo, di cui adesso si avvicina inesorabilmente la data in cui dovrà pagarne il prezzo. Affascinante favola dark dai toni surreali e dal tocco eccentrico, diretta da Terry Gilliam con fantasia visionaria e da lui stesso scritta insieme a Charles McKeown. E' un film a due facce, a seconda del lato dello specchio in cui è ambientato. Nella prima (il mondo reale) va in scena la miserabile e meschina tragicommedia della vita umana, con tutto il suo carico di passioni, pulsioni, inganni, gelosie, tradimenti e violenze. Nella seconda (il regno fantastico) il regista naturalizzato britannico dà fondo a tutto il suo estro di creatore di mondi di vivida fantasia, attingendo al proprio naturale talento immaginifico ed a tutte le suggestioni che lo hanno influenzato nel corso della sua carriera. Il risultato è un viaggio che confonde e incanta lo spettatore, immergendolo in un carosello di immagini di grande potenza visiva, in un continuo passaggio dall'orrido al meraviglioso, il cui unico magnifico demiurgo è, ovviamente, Gilliam-Parnassus. Il film fece molto parlare di sé per l'improvvisa morte prematura dell'attore protagonista, il compianto Heath Ledger, qui alla sua ultima interpretazione. La tragica scomparsa di Ledger avvenne mentre le riprese erano giunte circa a metà e mancavano ancora molte sue scene da girare. Questo causò un lungo stop della produzione, in cui furono valutate molte ipotesi, persino quella di interrompere definitivamente la lavorazione della pellicola. Dopo diversi mesi si prese la decisione di andare avanti, sostituendo lo sfortunato attore, nelle sue sequenze ambientate al di là dello specchio, addirittura con tre grandi nomi (Johnny Depp, Jude Law, Colin Farrell) che si resero subito disponibili per onorare il collega e consentire la realizzazione dell'opera. L'idea di base utilizzata è che il personaggio di Ledger (Tony) modifichi il suo aspetto fisico ogni volta che si ritrova in un mondo diverso oltre lo specchio magico. L'effetto finale perde qualcosa in omogeneità, ma resta comunque di buon livello. Da menzionare le notevoli performance attoriali di Heath Ledger (a cui il film è dedicato) e di Christopher Plummer nel ruolo di Parnassus, così come la singolare caratterizzazione "anonima" da viscido venditore di sogni in cambio di anime, che viene data al diavolo interpretato da Tom Waits. Il film ha avuto due candidature agli Oscar 2010: scenografie e costumi.

Voto:
voto: 3,5/5

martedì 15 agosto 2023

Oltre la notte (Aus dem Nichts, 2017) di Fatih Akin

Katja Sekerci è una donna tedesca felicemente sposata con il turco Nuri, da cui ha avuto un figlio di nome Rocco. A causa di un attentato dinamitardo Nuri e Rocco muoiono tragicamente, gettando Katja nella totale disperazione. Con l'aiuto di un avvocato amico di famiglia la vedova cerca di annegare nel desiderio di giustizia il suo dolore, supportando come può le indagini in base a particolari che ha notato prima dello scoppio fatale. Lei è convinta che il crimine abbia una matrice ideologica di stampo razzista, ma la polizia si concentra invece su altre piste, a causa del passato di Nuri che aveva dei precedenti per spaccio di stupefacenti. Dopo mesi di indagine, nel mirino degli investigatori finiscono un ragazzo e una ragazza legati a movimenti neonazisti, proprio come aveva sempre detto Katja. Cupo dramma familiare dai forti risvolti sociali e dalle sfumature di un thriller d'inchiesta, scritto e diretto da Fatih Akin, autore tedesco di origini turche sempre interessato ad un cinema realistico, a suo modo duro, mai conciliante e che affonda le sue radici nella collettività. Liberamente ispirato ai numerosi attentati di stampo xenofobo e neonazista compiuti in Germania contro le minoranze etniche nel primo decennio degli anni 2000, il film è diviso in tre atti ("La famiglia", "La giustizia", "Il mare") che rappresentano tre diversi momenti di elaborazione del doloroso lutto da parte della protagonista, egregiamente interpretata da una Diane Kruger di rara intensità espressiva e che, finalmente, riesce a dare il meglio del suo talento recitando nella sua lingua madre. Asciutto e dolente come il personaggio principale di Katja Sekerci, Aus dem Nichts riesce a bilanciare la tragedia personale con la denuncia sociale, senza andare mai troppo sopra le righe e rendendo la sua critica contro razzismo e politica di graffiante spessore. Ma il vero cuore dell'opera è tutto nel conflitto interiore vissuto dalla protagonista, ponendoci riflessioni non banali sul dilemma morale che riguarda la linea di confine (a volte quasi indefinibile) tra giustizia e vendetta, così come sulla difficile convivenza quotidiana con un evento luttuoso che stravolge improvvisamente la propria vita e, non ultimo, sulla reale applicazione nel concreto del dogma su cui si reggono le istituzioni occidentali, che vuole la legge uguale per tutti. Il film, che è di forte impatto emotivo, è stato unanimemente elogiato dalla critica soprattutto per la performance attoriale della Kruger, premiata, tra applausi scroscianti, al Festival di Cannes con il prestigioso Prix d'interprétation féminine.

Voto:
voto: 3,5/5

domenica 13 agosto 2023

Ava (2020) di Tate Taylor

Ava è una donna tormentata da un passato difficile di dipendenza dall'alcool, che la spinse ad arruolarsi nell'esercito e a lasciare madre, sorella e fidanzato. Durante i suoi anni trascorsi nelle forze armate, Ava dimostra eccezionali abilità fisiche e operative, per le quali viene reclutata da un'agenzia che lavora nell'ombra, gestendo gli affari sporchi per i servizi segreti, con il ruolo di infallibile killer su commissione. Nonostante uno stato di servizio impeccabile, la donna inizia a mostrare qualche segno di ripensamento sulla sua vita e, dopo una missione andata male, qualcuno delle alte sfere decide di eliminarla. Thriller spionistico d'azione scritto da Matthew Newton (che inizialmente doveva fare anche da regista ma venne poi rimosso dopo essere stato accusato di violenze domestiche) e diretto da Tate Taylor, con un cast di grande livello che annovera interpreti come Jessica Chastain (che figura anche come produttrice esecutiva), John Malkovich, Geena Davis, Colin Farrell e Jess Weixler. Il film ha la doppia struttura narrativa di una classica spy-story di puro intrattenimento action (invero non particolarmente originale), alternata ad un dramma familiare più intimo con sfumature sentimentali. Quello che voleva essere un tentativo di infondere un tocco di innovazione in un genere ampiamente abusato e codificato, si rivela invece un punto debole perchè il film delude sotto entrambi gli aspetti, risultando anonimo, convenzionale, scontato e di sbrigativa superficialità. L'unica nota positiva è la performance della sempre brava Chastain, che risulta estremamente credibile sia in versione "kick ass girl" sia nelle parti più introspettive. Ma ciò non basta a risollevare le sorti di questo esile prodotto di genere sostanzialmente innocuo. In Italia il film non ha avuto nessuna distribuzione nelle sale ma è uscito direttamente in streaming sulla piattaforma Netflix.

Voto:
voto: 2/5

Stalag 17 (1953) di Billy Wilder

Durante la seconda guerra mondiale, all'interno del campo di prigionia nazista numero 17, alcuni prigionieri americani cercano di organizzare un piano di fuga, ma sospettano che tra loro ci sia una talpa che passa informazioni sotto banco al nemico. Il principale sospettato è il sergente Sefton, per i suoi modi disinvolti che gli consentono anche di trafficare sigarette con alcune guardie tedesche. Quando Sefton capisce che i suoi compagni non si fidano di lui, si mette all'opera per cercare prove contro la spia infiltrata. Ma è davvero innocente o agisce solo per discolparsi agli occhi degli americani? Stravagante e audace drama-comedy bellico di Billy Wilder, scritto dal regista insieme a Edwin Blum e nato come adattamento di una pièce teatrale di Broadway realizzata da Donald Bevan ed Edmund Trzcinski. E' una pellicola dalle due facce distinte e contrapposte: due film in uno. Nella prima metà assistiamo ad una commedia scanzonata, con momenti divertenti, intermezzi comici e dialoghi ironici. Il tono, nettamente straniante rispetto al contesto bellico e all'ambientazione carceraria, deriva pari pari dall'opera ispiratrice di Bevan-Trzcinski, ma è perfettamente in linea con la personalità coraggiosa di Wilder, che ha sempre cercato di infondere nei suoi film un tocco originale e diverso, pur rimanendo fedele alla sua visione caustica del mondo. Nella seconda metà Stalag 17 diventa un perfetto giallo di suspense basato sulla ricerca della spia, con un meccanismo stringente che procede con precisione geometrica nel costante crescendo della tensione. Alla sua uscita il film non fu compreso appieno e lasciò perplessi buona parte di pubblico e critica per l'accostamento di temi drammatici a modi di racconto leggeri, ma, nel tempo, è stato ampiamente rivalutato come uno dei lavori più innovativi del grande autore. Ricevette tre candidature agli Oscar (miglior regia, miglior attore protagonista per William Holden e miglior attore non protagonista per Robert Strauss) e alla fine fu soltanto Holden a portarsi a casa la statuetta, vincendo il primo e unico Oscar della sua carriera. Sia Billy Wilder che Edwin Blum vissero davvero l'esperienza di prigionieri di guerra nello Stalag 17B in Austria e nella pellicola hanno puntualmente inserito molti dei lori ricordi personali. In Italia il film venne anche distribuito con il titolo Stalag 17 - L'inferno dei vivi.

Voto:
voto: 4/5

sabato 12 agosto 2023

L'estate addosso (2016) di Gabriele Muccino

Marco ha appena compiuto 18 anni e, grazie a dei soldi imprevisti che gli arrivano dall'assicurazione, riesce a coronare il suo sogno di un viaggio negli Stati Uniti. Il giovane arriva a San Francisco, ospitato da una coppia gay composta da Matt e Paul. Ma qui trova anche Maria, una sua compagna di classe che lui detesta e che si è rivolta al medesimo organizzatore di viaggi. La ragazza, soprannominata "la suora" per il suo carattere bigotto, è inizialmente sconcertata dalla relazione omosessuale tra i padroni di casa, ma, lentamente, con la complicità della bella stagione e dell'atmosfera da occasione irripetibile, i quattro inizieranno a conoscersi meglio e a stabilire dei legami oltre le loro aspettative. Scritto da Gabriele Muccino insieme a Dale Nall e diretto con sincopata enfasi emotiva dal regista romano, questo dramma sentimentale con tocchi da commedia adolescenziale, è un racconto euforico ed entusiasta che intende celebrare l'estate della vita, quella che non dimenticherai mai e che ti porterai dentro per sempre. In questo caso detta estate coincide con la fine dell'innocenza e l'inizio dell'età adulta per due giovani italiani che si ritrovano, si scontrano e si immergono nella società americana ben più libera, emancipata e progressista (almeno nelle idee dell'autore). Muccino torna a guardare all'America e lo fa, nuovamente, con occhio profano e idealizzato, attingendo al proprio immaginario più che alla realtà, e scegliendo, non a caso, la lontana San Francisco che per noi europei è, da sempre, luogo simbolo di trasgressione, evasione e libero pensiero. Il film, in tutto e per tutto tipico del regista e dei suoi stilemi diventati marchi di fabbrica, ha tanta energia, tanta utopia, e quell'impellenza furiosa tipica dei giovani che si sentono invincibili e che vivono ogni giorno come se fosse l'ultimo della loro vita. Ma è anche altrettanto carico di superficialità, di dialoghi banali, di stereotipi a iosa e di svolte di sceneggiatura così affrettate da apparire del tutto implausibili. L'America "di Muccino" ci appare (ancora una volta) più fantasticata che vissuta, un ulteriore luogo comune da aggiungere agli altri e filtrato attraverso uno sguardo che sembra quasi essere in soggezione di fronte al suo mito. L'atmosfera nostalgica da "ultima spiaggia" che accompagna l'intero film è ben accompagnata dalla colonna sonora scritta per l'occasione dal cantautore Jovanotti. I giovani interpreti non sembrano tutti a loro agio, a parte Matilda Anna Ingrid Lutz che ci offre la performance più spigliata e sciolta, anche se il suo personaggio (per problemi non suoi ma di scrittura) è quello meno credibile nell'evoluzione. I vari scenari americani (la California, New Orleans, Cuba) sono di affascinante bellezza, ma seguono anche una tranquillizzante visione tipicamente "da cartolina".

Voto:
voto: 2,5/5

Cloverfield (2008) di Matt Reeves

Alcuni giovani ragazzi trascorrono la loro abituale giornata a New York, per poi incontrarsi di sera ad una festa, in un lussuoso appartamento di Manhattan, in onore di uno di loro, Rob, che deve partire per il Giappone dove ha accettato un prestigioso lavoro. Ma il party viene sconvolto da una serie di orribili avvenimenti, con grida, rumori, esplosioni e crolli che provengono dall'esterno. La causa è una misteriosa e gigantesca creatura, di origine ignota e alta più di 100 metri, che sta distruggendo la città, mettendola a ferro e a fuoco. Per sfuggire alla terribile battaglia che si combatte nelle strade tra il mostro e l'esercito, i nostri cercano riparo nelle gallerie della metropolitana, in una precipitosa fuga che durerà tutta la notte per cercare di salvarsi e sfuggire alla minaccia dello spaventoso essere ostile. Questo catastrofico monster-movie, prodotto dal geniale J.J. Abrams, scritto da Drew Goddard e diretto da Matt Reeves, è stato un piccolo evento cinematografico dell'anno 2008. Realizzato a basso costo con un budget di circa 25 milioni di dollari, anticipato da una martellante campagna di marketing virale su internet (fatta di siti fasulli appositamente creati o di video promozionali) e girato con uno stile frenetico a mò di falso documentario, basato su un video ritrovato che ricostruisce la storia della notte di devastazione attraverso caotiche immagini girate con una telecamera a mano in continua oscillazione, il film segue a rotta di collo la fuga dei protagonisti nel ventre di New York, regalando allo spettatore una sensazione di (falso) realismo, ma anche frastornandolo nelle sequenze di maggiore azione. L'intento di creare una brutale immersione sensoriale in un'atmosfera apocalittica è, in buona parte, riuscita, così come quello di dare nuova linfa ad un genere ampiamente abusato non utilizzando la storia (che è del tutto convenzionale), ma l'estetica del racconto fatta di puro caos ansiogeno, senza dimenticare l'espediente di fiction del filmato amatoriale recuperato tra le macerie come testimonianza degli eventi. L'idea di base, tanto radicale quanto audace e benché niente affatto nuova, ha funzionato perfettamente dal punto di vista economico: infatti Cloverfield è stato un grande successo di pubblico e critica, incassando al box office circa 170 milioni di dollari. In tal senso, per aumentare l'effetto realismo, è stata intelligente la scelta di utilizzare un cast di giovani attori poco conosciuti, in cui nessuno spicca particolarmente sugli altri. Ma non è tutto oro quello che luccica e, se il film è tanto compatto quanto indiavolato (grazie alla breve durata), va anche detto che, dopo i primi 40' di assestamento, induce un effetto di stordente assuefazione, perdendo buona parte della sua forza iniziale e trasformando l'immedesimazione dello spettatore in progressivo distacco. Va però lodato l'utilizzo creativo della fantasia lasciato al pubblico, che più che vedere deve immaginare molto, in modo da limitare gli effetti speciali ed i conseguenti costi produttivi. Sotto tale aspetto sembra davvero un felice ritorno al caro vecchio cinema delle origini. Ma è un ritorno che non ha proprio niente di romantico, anzi nasconde, con calcolata furbizia, una chiarissima operazione commerciale, tra l'altro felicemente condotta in porto da Abrams e soci.

Voto:
voto: 3/5

Hates - House at the End of the Street (House at the End of the Street, 2012) di Mark Tonderai

La giovane Elissa e sua madre Sarah, appena divorziata da suo marito, si trasferiscono dalla grande città in una tranquilla e isolata zona rurale, dove acquistano una imponente casa per ricominciare da zero dopo il trauma della separazione. Nell'abitazione di fronte alla loro abita Ryan, unico superstite di una efferata tragedia familiare che avvenne quattro anni prima proprio in quel luogo: in una notte di pioggia sua sorella minore Carrie-Anne, affetta da problemi mentali dopo gli effetti di una caduta dall'altalena, uccise i suoi genitori per poi sparire senza lasciare alcuna traccia. Incuriosita e intimorita al tempo stesso dalla macabra vicenda, Elissa si avvicina a Ryan e, dopo averlo trovato molto diverso da come immaginava, inizia con lui una relazione su cui però sua madre Sarah non è d'accordo. E ben presto, gli orrori del passato torneranno a galla. Secondo lungometraggio per il cinema del regista inglese, originario dello Zimbabwe, Mark Tonderai, che si cimenta, con scarsi esiti, in un thriller psicologico che ruota intorno a traumi familiari, oscure tragedie inconfessabili e grandi case di campagna diventate "maledette" perchè teatro di orrendi crimini. Il film ha qualche momento di suspense efficace (soprattutto nella prima metà), ma scorre generalmente lento e prevedibile nella direzione che anche lo spettatore meno intuitivo si aspetta, risultando, in fin dei conti, stereotipato e convenzionale, sulla falsa riga di tanti altri prodotti simili. Le cose migliori arrivano senza dubbio dal cast, che tra Elisabeth Shue, Max Thieriot e Gil Bellows, vede svettare una Jennifer Lawrence intensa e grintosa, perfettamente credibile nel ruolo dell'adolescente inquieta, sospesa tra la paura e la voglia di scoprire la verità su un antico fatto di sangue che la tocca direttamente nel profondo. La bionda attrice americana, qui nel suo autentico anno d'oro in cui girò ben tre pellicole, raggiungendo il successo e vincendo anche un Oscar, ha fatto sicuramente da traino per il film, che, nonostante la sua mediocrità, ha ottenuto dei buoni incassi al botteghino, in relazione ai bassi costi di produzione e distribuzione.

Voto:
voto: 2/5

Gothika (2003) di Mathieu Kassovitz

La dottoressa Miranda Grey è una psichiatra che lavora nell'istituto  di igiene mentale gestito dal marito Douglas Grey, ben più anziano di lei. Nella sua attività quotidiana Miranda ha un rapporto complicato con la paziente Chloe Sava, isterica e piena di manie di persecuzione, ed una tenera amicizia con il collega Pete Graham. Una sera, mentre è alla guida della sua auto per rincasare durante un temporale, Miranda vede sul ciglio della strada una donna nuda ricoperta da lividi e ferite. Quando le si avvicina per soccorrerla la ragazza sembra scomparire davanti ai suoi occhi. Dopo un tempo imprecisato la dottoressa si risveglia rinchiusa in una cella di isolamento del suo ospedale, dove viene trattata come una paziente con gravi problemi psicologici. Lei non ha alcun ricordo di cosa sia accaduto, ma tutti l'accusano di avere ucciso suo marito con efferata brutalità e senza alcuna apparente motivazione. Cupo thriller paranormale scritto da Sebastian Gutierrez e diretto con mestiere dal francese Mathieu Kassovitz, al suo primo film hollywoodiano e in lingua inglese. Forte di un grande cast (Halle Berry, Robert Downey Jr., Penélope Cruz, Charles S. Dutton, John Carroll Lynch, Bernard Hill), di atmosfere lugubri, di ambientazioni angoscianti e di qualche momento macabro di indubbia efficacia, la pellicola è caratterizzata da una buona prima parte, molto tesa nel suo misterioso intreccio, ma che poi evolve in una risoluzione troppo debole, in cui la contaminazione tra il giallo di suspense e la ghost story non viene gestita nel migliore dei modi, imboccando percorsi convenzionali e facilmente prevedibili, oltre che con una netta sensazione di già visto. Le colpe maggiori sono più imputabili alla sceneggiatura che alla regia, perchè Kassovitz sa il fatto suo e si concede anche il lusso di qualche tocco visionario di gran classe, quasi muovendosi sul filo del manierismo effettistico. Tra gli attori la Berry sembra spaesata e Downey Jr. sprecato, mentre spiccano la Cruz (che però purtroppo ha poche scene) ed un solido Bernard Hill. Visti i presupposti è giusto parlare di occasione sciupata.

Voto:
voto: 2,5/5

Lo sciacallo - Nightcrawler (Nightcrawler, 2014) di Dan Gilroy

Louis Bloom è uno sfaccendato di Los Angeles che, per trovare i soldi necessari alla vita quotidiana, si arrangia con furti di materiale edile, che poi rivende sottobanco nei cantieri. Un giorno, assistendo ad una troupe televisiva che riprende un incidente automobilistico, ha l'illuminazione su quello che dovrà fare per cambiare la sua vita. Alla sua maniera si procura una telecamera ed una radio illegale sintonizzata sulle frequenze della polizia, in modo da arrivare sempre per primo sulla scena di delitti e disgrazie per riprendere le immagini in esclusiva, senza nessun filtro e scrupolo di coscienza. Con la compiacenza di una dirigente di un network televisivo, non meno amorale di lui, Bloom mette in piedi un vero business costruito sul dolore altrui, girando di notte nelle pericolose strade di Los Angeles, catturando scene violente con la sua telecamera, per poi rivenderle al morboso sistema televisivo che raccoglie ascolti facendo spettacolo su morte e sofferenza. Notevole esordio registico di Dan Gilroy, già conosciuto come sceneggiatore, che ha scritto e diretto con tagliente perfidia questo thriller oscuro, angosciante e disturbante, esattamente come la storia che racconta e come il suo protagonista, interpretato magnificamente da un Jake Gyllenhaal spettrale, alienato, tormentato e ben più ambiguo di quanto possa apparire ad una visione superficiale. E' un film di atmosfere, agile nelle sequenze diurne, che ci mostrano la psicologia del protagonista attraverso la sua quotidianità, e inquietante nelle lunghe parti notturne, in cui il nostro va a caccia di eventi sanguinosi da "violare" visivamente a scopo di lucro e le grandi strade della metropoli californiana appaiono come una giungla selvaggia e minacciosa. Gli intenti di aspra critica sociale contro il cinismo dei mass media e la tv del dolore da dare in pasto al voyeurismo del cittadino medio, sono evidenti ancorché perfettamente affilati; ma non è solo questo lo scopo dell'autore, che estende la sua riflessione polemica anche al mito del self-made-man americano attraverso questo personaggio tanto lugubre quando determinato, tanto abietto quanto lucido, un chiaro simbolo tetro del dark side della rapacità di molti imprenditori rampanti che costruiscono le loro fortune sulle sfortune altrui, senza alcun dubbio di coscienza e con la spietata spregiudicatezza di chi non ha nessuna empatia con il prossimo, ma guarda unicamente al raggiungimento del proprio obiettivo (il successo economico). E' forse eccessivo dire, come alcuni hanno azzardato, che lo "sciacallo" Louis Bloom sia una metafora del capitalismo in senso assoluto, ma, di sicuro, ne rappresenta idealmente la maschera più tragica, feroce, immorale e disumana, alimentata dalla fatalistica convinzione del fine che giustifica i mezzi e dalla miserabile morbosità dei suoi stessi consumatori. Da elogiare la fotografia cupa di Robert Elswit e le suggestive musiche ambientali di James Newton Howard. Nel cast, oltre al già citato Jake Gyllenhaal, vanno menzionati Bill Paxton, Ann Cusack e Rene Russo, moglie del regista. Il film ha avuto una candidatura ai Premi Oscar, per la sceneggiatura originale di Dan Gilroy.

Voto:
voto: 4/5