Charlie Castle è un famoso attore di Hollywood, ricco e di grande successo, ma con un matrimonio in crisi che cerca di salvare, dopo che sua moglie Marion, stanca delle sue infedeltà e dei suoi vezzi da divo, si è allontanata da lui portando con sé il loro unico figlio. Charlie è pressato dal potente produttore Stanley Hoff, che vuole fargli firmare a tutti i costi un contratto in esclusiva che lo impegna per sette anni, tenendolo lontano dalla famiglia. Di fronte all'indecisione dell'attore, che intende rinunciare alla firma per riavvicinarsi alla moglie, il viscido Hoff rispolvera una vecchia storia tragica in cui Charlie fu coinvolto anni prima, quando investì e uccise un ragazzo mentre guidava ubriaco, ma venne prosciolto da ogni accusa grazie all'intervento decisivo degli Studios, che, per evitare uno scandalo e la perdita di un interprete amato dal pubblico, convinsero un innocente ad assumersi la colpa dietro lauto compenso economico. Posto sotto ricatto Charlie si vede costretto ad accettare, ma intanto alcuni colleghi che sanno la verità sull'incidente decidono di esporsi per ottenere in cambio dei favori. Spietato dramma "da camera" di Robert Aldrich, tratto da un'opera teatrale di Broadway scritta da Clifford Odets nel 1949. E' un film importante e impegnato, una veemente denuncia della corruzione hollywoodiana, con la quale il regista sfoga il proprio astio nei confronti del sistema degli Studios, evidenziandone impietosamente i vizi, gli inganni, le nevrosi, la falsità predominante, i loschi giochi di potere e l'avidità rapace eletta a imperativo modello di business. Ambientata quasi interamente in un unico ambiente opprimente, la grande villa del protagonista, la pellicola riesce a trasmettere un senso di claustrofobica tensione attraverso l'utilizzo espressionistico degli spazi: le pareti candide, gli arredi spartani, le atmosfere gelide. Sebbene l'origine teatrale imbrigli a volte la libertà narrativa, la regia è di altissimo livello e la recitazione degli interpreti (fondamentale per definire l'azione attraverso la psicologia dei personaggi) è ancora superiore. E' difficile stabilire chi risulti più bravo tra Jack Palance (perfettamente a suo agio nel ruolo di un uomo fragile e tormentato, dopo la lunga serie di cattivi cinematografici a cui ha dato vita), Ida Lupino, Rod Steiger (eccellente nei panni del subdolo produttore), Shelley Winters e Jean Hagen. Poco apprezzato alla sua uscita in America, The Big Knife fu addirittura esaltato dalla critica europea (con i soliti francesi in prima linea) e venne premiato al Festival di Venezia con il Leone d'Argento a Robert Aldrich. Per esplicita ammissione del regista, la figura di Stanley Hoff è modellata su quella di Harry Cohn, che all'epoca era il capo indiscusso (e fondatore) della Columbia Pictures.
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