martedì 25 febbraio 2014

Harakiri (Seppuku, 1962) di Masaki Kobayashi

Harakiri è un film di impeccabile forza drammatica e di superiore maestria registica, orchestrato con grande abilità nel creare una crescente tensione e nel tenere avvinta l'attenzione dello spettatore, man mano che la vicenda si sviluppa. I sapienti colpi di scena si alternano a splendide sequenze che, nella prima parte, privilegiano la ieratica ritualità dei cerimoniali orientali (con la spietata sequenza dell'harakiri, dettagliato nella ferocia sacrificale come chiave di volta del racconto), mentre, nella seconda, prevalgono le scene d'azione (coreografate in astratte movenze da balletto) fino al furibondo finale catartico di sangue e di morte. La costruzione del racconto (attraverso un uso magnifico dei flash back) è fondamentale per la tenuta della suspense, ma è ammirevole la capacità del regista di servirsene per rendere più efficace ed eloquente la denunzia dell'ipocrisia dei codici d'onore (il bushido), della spietata disumanità della retorica militarista, dell'ottusa applicazione di regole governate dalla mistica della morte, della falsificazione della realtà in nome di principii aridamente teorici. Va ancora evidenziata la bellezza formale del film, espressa attraverso immagini di potente risalto visivo e una strategia di inquadrature che imprigionano i personaggi all'interno di spazi di raffinato fascino scenografico. E' una delle vette del cinema orientale di tutti i tempi, superiore perfino ad alcuni capolavori del più celebre Kurosawa. La sua dote maggiore risiede nella capacità di fondere spettacolo affascinante, azione violenta, denuncia civile ed indignazione morale.

Voto:
voto: 5/5

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