domenica 2 febbraio 2014

The Wolf of Wall Street (The Wolf of Wall Street, 2013) di Martin Scorsese

Martin Scorsese ritorna trionfalmente a quella ispirazione cinica e ardita dei suoi film migliori con questa commedia nera rutilante, acida, sboccata e senza freni. Più che un film sul mondo finanziario, come alcuni hanno voluto vedere, è un grottesco ritratto antropologico al vetriolo che rappresenta in modo volutamente superficiale l'elemento cardine del sogno americano, l'uomo che si fa da sè, spingendolo verso vette di follia e sregolatezza nichilista allo scopo di sezionarlo, per mostrarne la debolezza, il lato oscuro, con un lucido intento iconoclasta. Da sempre il grande regista italo americano, più che alle problematiche sociali, è interessato all'uomo, baricentro e motore del suo cinema. Ed è maestro nel raccontare, sempre in forma di parabola ascesa/caduta, un percorso di vita "straordinario", costantemente al limite e profondamente amorale. Come in Goodfellas, di cui questo film ricalca fedelmente la struttura, veniamo catapultati in un mondo parallelo di personaggi avidi e spietati, che vivono "al massimo" calpestando tutto e tutti per soddisfare il proprio ego smodato, dispersendosi nel vizio e finendone travolti. Questo mirabolante pamphlet del nuovo millennio non intende disegnare in profondità i personaggi, mira invece a spingere forte sull'acceleratore dell'eccesso, della satira, della rappresentazione istericamente sovreccitata di questi "squali" della finanza che sbranano la vita a grandi morsi, tra fiumi di denaro, lusso sfrenato, sesso e droga. E come ogni satira che si rispetti anche questa tende all'astrazione, alla schematizzazione mimetica dei rapporti, con una lucidità ed un controllo assoluto della materia narrativa che lascia ammirati. Il tono semiserio e la palese eccessività di alcune scene sono funzionali al raggiungimento di questa irridente sospensione simbolica, che trova pieno compimento nel finale ambiguo e profondamente amaro. Dal punto di vista registico siamo di fronte ad un capolavoro: per l'elegante confezione estetica, per il rigoroso controllo di una storia "esplosiva", per il senso del ritmo che si attua in un montaggio frenetico, ma straordinario, che fa letteralmente "volare" le tre ore di durata, per i continui cambi di registro nel passare da scene "baraonda" a momenti riflessivi con dialoghi sferzanti. E come non citare i tanti virtuosismi tecnici: primi piani espressivi, campi lunghi, carrellate forsennate, fino ad una scena del finale (in cui gli agenti FBI mostrano al protagonista un importante biglietto) che ci regala una splendida profondità di campo, di wellesiana memoria. A parer mio l'Oscar alla regia 2014 dovrebbe essere assegnato a Scorsese di diritto. Ed infine il cast, da applausi: Di Caprio offre un'interpretazione "bigger than life", di notevole impatto e sempre sul filo dell'overacting, ma il sorprendente Jonah Hill, che gli fa da spalla e contraltare, gli tiene testa egregiamente. Fanno sorridere le critiche mosse da alcuni nei confronti della rappresentazione affascinante di questi ambigui personaggi visto che il film è una satira ispirata a fatti e figure reali che intende narrare, con caustico cinismo, gli stravizi del capitalismo. Non capisco perchè questi moralisti si scandalizzino tanto per un film e non per quello che, tutti i giorni, vediamo attraverso i mezzi d'informazione, che è poi l'oggetto di critica della pellicola. Ben tornato Martin, finalmente!

Voto:
voto: 4,5/5

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