Film d'attori (anzi d'attrici), sotto forma di psico-dramma
familiare, di incredibile perfidia e d'impianto teatrale. E', quindi, un
film molto parlato, con dialoghi taglienti e cattivi che mira a
distruggere l'istituzione familiare: una sorta di "Parenti serpenti"
trasposto nelle immense pianure dell'Oklahoma, con una serie di colpi di
scena non proprio imprevedibili. Notevole il contrasto tra la solarità
delle ambientazioni esterne e la tetra oscurità della casa, che si
sovrappone all'anima nera di quasi tutti i personaggi. Il ruolo della
Streep, brava ma un po' troppo leziosa, è sicuramente quello più
difficile e con maggiori rischi di scivolamento nella macchietta per i
toni estremi del personaggio: una madre malata, rancorosa, arida, in
bilico costante tra l'ignobile e l'infantile. Meglio la Roberts, nel
ruolo della figlia maggiore, disillusa, ferita e dal cuore indurito
dalle vicende familiari, che ci offre una performance di grande maturità
espressiva. E' un film tetro dove i deboli soccombono e i miserabili
restano da soli ed in cui, paradossalmente, lo slancio più "vitale" è
quello del capofamiglia, nostalgico poeta, che si attua in un gesto di
morte. Opera non banale, inquietante ma freddamente accademica.
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