martedì 25 febbraio 2014

I soliti sospetti (The Usual Suspects, 1995) di Bryan Singer

Cinque farabutti senza scrupoli vengono ingaggiati da un misterioso committente che li manda da New York in California per una serie di colpi pericolosi, l'ultimo dei quali consiste nell'assalto a una nave carica di droga. Su di loro incombe l'ombra sinistra di un leggendario criminale inafferrabile, di cui nessuno conosce il vero volto, ma che tutti temono come la morte stessa. Un puntiglioso detective, interrogando uno dei cinque che, pentito, racconta la storia in flashback, cerca di ricostruire l'intricato puzzle per smascherare la diabolica mente che sta dietro alla vicenda. Mirabolante allegoria dell'inganno che si interroga su un tema atavico (l'identità del diavolo), giocando abilmente con lo spettatore in un perfido gioco  di scatole cinesi fino al celeberrimo finale a sorpresa che è, indubbiamente, di notevole effetto. Sapientemente costruito sul suo alone di mistero e sul ritmo serrato vanta un'ottima squadra di attori e una sceneggiatura sapiente che mantiene lo spettatore con il fiato sospeso fino all'ultima scena e che sa rendere credibile l'incredibile. Tra brutalità e cinismo mette in scena con furioso nichilismo un microcosmo criminoso pervaso da una violenza spietata, come unica logica di sopravvivenza. E', insieme al Se7en di Fincher, il thriller degli anni '90, che fruttò l'Oscar al "mimetico" Kevin Spacey come miglior attore non protagonista. Il film vinse anche la statuetta alla sceneggiatura originale scritta da Christopher McQuarrie. Più che la risposta, ne resterà la domanda: "chi è Kayser Söze ?".

La frase: "La beffa più grande che il diavolo abbia mai fatto è stato convincere il mondo che lui non esiste. E come niente... sparisce."

Voto:
voto: 4/5

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