giovedì 25 febbraio 2016

A history of violence (A history of violence, 2005) di David Cronenberg

Tom Stall vive una vita tranquilla in una piccola cittadina di provincia nell’Indiana: felicemente sposato con la bella Edie, con due splendidi figli ed un buon lavoro in un ristorante di cui è proprietario. Ma un giorno la sua placida quotidianità viene alterata dall’arrivo di due pericolosi criminali, che tentano una rapina nel suo locale. Con una reazione improvvisa Tom riesce ad uccidere i due banditi, salvando la sua vita e quella dei clienti, e diventa così, di colpo, un eroe cittadino. Ma l’inattesa celebrità mediatica di Tom fa riemergere loschi personaggi dal suo passato, in particolare uno di questi, il minaccioso Fogarty, boss della malavita irlandese, arriva in città e lo accusa di essere Joey Cusack, uno spietato gangster di Filadelfia che ha assunto una nuova identità, e che ha con lui un vecchio conto da saldare. Tom dovrà difendere con i denti se stesso e la sua famiglia. Splendido noir di Cronenberg, tratto da un fumetto di John Wagner, cupo, teso e violento, costruito sul tema dell’identità ambigua, uno dei punti di maggior interesse della filmografia del regista canadese. Dal punto di vista stilistico siamo di fronte ad un film solido e asciutto, lineare nello sviluppo della trama, ma denso di temi nascosti, di livelli di lettura e di implicazioni psicoanalitiche. E’ un’inquietante riflessione sulla violenza, insita nella natura umana, e qui mostrata nuda e cruda, con la feroce brutalità di un trattato antropologico. E’ anche un apologo sulla cultura americana, in bilico perenne tra il ricordo delle barbarie del suo sanguinoso passato e la voglia di una seconda occasione, di una catarsi purificatrice. Ma è, soprattutto, un’analisi agghiacciante degli abissi della psiche, della capacità dell’uomo di coesistere con il male, metabolizzandone l’orrore sotto una patina di normalità, con un processo inconscio che si estende, necessariamente, anche a coloro che ci stanno intorno, alla famiglia. Tra il patologico e l’ambiguo, l’intensa scena di sesso, voluttuosamente animalesco, tra Tom e sua moglie Edie, dopo che lei ha scoperto la verità su di lui, provoca assolute vertigini morali nello spettatore, e ci fa capire quanto quest’opera sia ben più profonda e sconcertante di quanto possa apparire ad una visione superficiale. Eccellente anche il cast (Viggo Mortensen, Maria Bello, Ed Harris e William Hurt in uno straordinario cameo), con una felice scelta degli attori ed una grande capacità di dirigerli, traendo il meglio da ciascuno di essi. I fans del regista più integralisti che hanno storto il naso di fronte a questa sua svolta noir, con notevoli contaminazioni di generi diversi, non hanno probabilmente colto la possente carica inquietante di questo trattato psicologico sulla violenza che alberga nell’animo umano. La risoluzione finale, amaramente paradigmatica, tradisce l’ispirazione “fumettistica” ma chiude idealmente il cerchio del discorso narrativo sulla sconcertante capacità dell’uomo di metabolizzare il male, fino a renderlo “normale”. E’ un film splendidamente oscuro, come solo Cronenberg sa essere.

Voto:
voto: 4/5

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