L’adolescente
Rocky Dennis è affetto da una rarissima malattia, la leontiasi, che causa
l’allungamento del cranio, deformandogli il volto in modo mostruoso. Il film
racconta la sua vera e drammatica storia, con la difficoltà quotidiana di far
coesistere un aspetto fisico orripilante con il suo animo, vitale e gentile, di
sedicenne innamorato della vita. Il suo punto di riferimento è la madre,
risoluta e “disinvolta”, che cerca di far sentire al ragazzo tutto il suo amore
e che affoga il suo dolore tra droghe e compagni sbagliati. Durante un
campeggio estivo Rocky conosce Diana, una dolcissima ragazza non vedente, e se
innamora, ricambiato. Ma dovrà scontrarsi con l’ostilità dei genitori di lei,
che rimangono sconcertati dal suo aspetto. Intenso dramma biografico di Peter
Bogdanovich, tenero e toccante, che affronta con la giusta sensibilità il
difficile tema dei disabili “diversi”, costretti a vivere ai margini della
società da un mondo cinico, egoista ed indifferente. Con il giusto equilibrio
tra la leggerezza del tocco, lo sguardo pietoso e la critica sociale, l’autore
ci regala un film trepidante, commovente, che sa parlare al cuore in modo
accattivante e che riesce ad essere sempre garbatamente credibile senza mai
sconfinare nel patetico o nel lacrimevole. I punti di forza di questo “elephant
man” dei giorni nostri risiedono nella struttura solida, nella
mano sicura del regista e nel notevole cast, che si avvale delle ottime
interpretazioni del protagonista, Eric Stolz, reso irriconoscibile dal pesante
trucco, e, soprattutto, della sorprendente Cher, premiata per l’occasione al
Festival di Cannes come miglior attrice. Nell’operazione di mediazione tra
“normale” e “mostruoso”, intrapresa dal regista con delicata umanità, va
segnalata, più di tutte, la struggente scena in cui Rocky si guarda alla
specchio deformante di un Luna Park ed ha una visione ipotetica di ciò che
sarebbe potuto essere il suo aspetto senza la malattia. Il film vinse il Premio
Oscar al miglior trucco del 1986.
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