venerdì 26 febbraio 2016

Remember (Remember, 2015) di Atom Egoyan

Zev è un ebreo anziano, sopravvissuto ad Auschwitz, affetto da una grave forma di demenza senile che gli fa dimenticare ogni cosa dopo il risveglio mattutino. Il suo amico e coetaneo Max, con cui ha condiviso la terribile esperienza della Shoah e con cui convive nella stessa casa di riposo per anziani, gli affida una missione cruciale: rintracciare ed uccidere l’aguzzino delle SS che, cinquant’anni prima, sterminò le loro famiglie nel lager nazista. Max è infatti convinto che l’uomo sia ancora vivo, che abbia cambiato identità e che risieda in nord America. Per portare a termine la sua missione Zev, smarrito ma ancora fisicamente abile, dovrà portare con sè una lettera di Max contenente tutte le istruzioni dettagliate, e dovrà rileggerla di continuo per non perdere la memoria. Thriller investigativo, dai vaghi echi hitchcockiani, di Egoyan, con cui il regista armeno si cimenta con la Storia, attraverso la più grande tragedia del ‘900, con la memoria (non a caso costantemente evocata quando si parla dell’Olocausto ebraico) e con il tema dell’identità. Ancora una volta è il viaggio l’elemento centrale del suo cinema, il viaggio come catarsi, come ricerca del proprio passato, di sé stessi e, quindi, come strumento di una nuova epifania. In un film come questo è bene ridurre al minimo i dettagli sulla trama e sarebbe opportuno, nonostante il finale non sia del tutto imprevedibile per occhi esperti, vederlo sapendone il meno possibile. Con un ritmo compassato ed un’ottima interpretazione di Christopher Plummer, il vero punto di forza della pellicola, il regista ci conduce in questo inquietante percorso che scava nella memoria e nella coscienza collettiva, facendoci costantemente avvertire il respiro incombente dell’orrore ma tenendolo sempre a parte, fuori fuoco, senza mai dargli una forma esplicita attraverso un flashback, un’immagine, un ricordo, ma evocandolo solamente nei dialoghi sbiaditi tra gli anziani protagonisti. L’unica scena realmente forte, finale a parte, ovvero l’incontro-scontro di Zev con il fanatico sbirro neonazista, evidente sottoprodotto di una cultura delirante incline all’intolleranza e al degrado morale, è anche la più debole del film. Il suo contrappunto, il colloquio con il tedesco omosessuale in fin di vita, è invece un momento alto, la sincera empatia di chi riesce naturalmente, dall’alto della saggezza dell’età, ad accettare i “diversi” condividendo con essi una sincera emozione. In definitiva ci troviamo di fronte ad un discreto thriller di ricerca deduttiva, dall’affascinante struttura a puzzle, non particolarmente originale ma che trova i suoi motivi d’interesse nelle buone prove di un cast “navigato”, in cui, oltre al già citato protagonista, vanno anche menzionati Bruno Ganz e Martin Landau.

Voto:
voto: 3/5

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