L’arrivo di un nuovo
direttore al quotidiano “Boston Globe”, nell’estate del 2001, riporta in auge
la così detta “Spotlight”, una squadra di giornalisti d’assalto, un tempo
famosi per i brillanti servizi investigativi, ormai impelagati in lavori di
squallida routine. Sotto la guida del nuovo leader, i coraggiosi membri del
team s’impegneranno anima e corpo in un’indagine scottante e scandalosa: gli
abusi sessuali, compiuti da diversi sacerdoti della diocesi bostoniana, a danno
di minori. Schierandosi apertamente contro il potere millenario della Chiesa
cattolica romana, gli impavidi giornalisti intendono dimostrare la connivenza
del cardinale Law, e quindi delle alte sfere ecclesiastiche locali, che, pur sapendo
dei terribili crimini commessi, hanno scelto di tacere, per insabbiare il caso
ed evitare lo scandalo. Eccellente film inchiesta di Thomas McCarthy, sobrio,
denso, efficace, capace di analizzare con lucido rigore un tema altamente
scottante senza mai perdere equilibrio, senza mai andare troppo sopra le righe,
evitando saggiamente il rischio di scadere nel sensazionalismo demagogico o nel
populismo anti clericale. Si può dire, senza alcun timore di smentita, che
quest’opera di denuncia guarda direttamente alla tradizione del grande cinema
americano d’impegno civile degli anni ’70, con particolare riferimento a quello
di Alan Pakula. Calibrato e realistico nel racconto, teso nel ritmo nonostante
i molti dialoghi e scritto in maniera ineccepibile dallo stesso regista, insieme
a Josh Singer, è un solido film d’attori (Mark Ruffalo, Michael Keaton, Liev
Schreiber, Rachel McAdams)
che qui dimostrano il medesimo affiatamento dei veri giornalisti che costituivano
la squadra “Spotlight”. La forza dell’opera risiede tutta nella capacità di
equilibrare l’inevitabile veemenza della condanna di un crimine aberrante come
la pedofilia, con un assennato senso della misura che consente di andare oltre
la patina, ricercando le colpe degli atteggiamenti omertosi tenuti dalle alte
sfere ecclesiastiche non solo nella Chiesa, ma anche in certi comportamenti
degeneri della società laica. Bandendo ogni facile spettacolarizzazione
censoria, questo film affilato penetra nell’essenza del problema e trasuda una
vigile indignazione civile, tesa non solo a denunciare, ma ad estirpare in modo
definitivo il cancro di un problema così abbietto, bilanciando la pietosa
solidarietà per le vittime con l’efficacia dell’inchiesta e la severa
risolutezza della condanna. E’ una pellicola importante, classica, a suo modo
necessaria per la capacità di ridare smalto ad un tipo di cinema didattico, impegnato,
politico, senza alcuna forma di moralismo o di ipocrisia.
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