martedì 16 febbraio 2016

L'ora di religione - Il sorriso di mia madre (L'ora di religione, 2002) di Marco Bellocchio

Ernesto Picciafuoco, pittore di successo ed ateo convinto, viene a scoprire, in ritardo rispetto ai familiari, che la Chiesa ha avviato le pratiche di beatificazione di sua madre, fervente cattolica, bigotta e stolta, uccisa tragicamente da Egidio, fratello di Ernesto, malato di mente e incallito bestemmiatore. La notizia sconvolge Ernesto e lo costringe a venire a patti, suo malgrado, con un passato doloroso, con le sue idee di artista liberale e con la sua numerosa e colorita famiglia. Questo intenso dramma esistenziale, abilmente sospeso sul filo del paradosso nel suo continuo oscillare tra pubblico e privato, è il miglior film di Bellocchio dai tempi de I pugni in tasca, il suo folgorante esordio giovanile che lo impose, di prepotenza, sul panorama cinematografico europeo. Denso, equilibrato, geniale e ricco di straordinarie invenzioni visive, oscilla sapientemente tra comico e tragico, cinismo e tenerezza, reale e surreale, sermone e delirio, sacro e profano, becero e sublime, con il grottesco a far da collante ad una vicenda altrimenti ardua da metabolizzare. Più che un libello sulla fede, o, di contro, sulla dignità dell’ateismo, è un’acida parabola umanista sulla decadenza della borghesia e sul contrasto tra essere e apparire, tra come siamo e come la società ci vorrebbe. Tra i tanti momenti alti dell’opera è impossibile non ricordare le sequenze oniriche, che virano nel visionario e gli conferiscono la dignità di una metafora drammaturgica di finissimo spessore: il duello all’alba, i nobili neri, il fantasma della Gradiva. La scena più famosa, quella della bestemmia, coincide anche con il climax emotivo della pellicola, quello in cui convergono idealmente tutte le tensioni drammatiche che la innervano sottopelle. Tra Svevo e Buñuel, l’autore emiliano porta avanti la sua denuncia con eleganza incorporea, senza mai declamare o pontificare, bandendo i giudizi morali e le conclusioni sommarie, ma abbracciando, piuttosto, uno stile etereo e raffinato, di altissima valenza simbolica. Nel cast ispiratissimo svettano Castellitto e la Degli Esposti, ma i (tanti) premi europei li ha portati a casa tutti il primo. E’ il miglior film italiano del 2002 ed uno dei migliori in assoluto del suo decennio.

Voto:
voto: 4,5/5

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