Ernesto Picciafuoco,
pittore di successo ed ateo convinto, viene a scoprire, in ritardo rispetto ai
familiari, che la Chiesa
ha avviato le pratiche di beatificazione di sua madre, fervente cattolica,
bigotta e stolta, uccisa tragicamente da Egidio, fratello di Ernesto, malato di
mente e incallito bestemmiatore. La notizia sconvolge Ernesto e lo costringe a
venire a patti, suo malgrado, con un passato doloroso, con le sue idee di artista
liberale e con la sua numerosa e colorita famiglia. Questo intenso dramma
esistenziale, abilmente sospeso sul filo del paradosso nel suo continuo
oscillare tra pubblico e privato, è il miglior film di Bellocchio dai tempi de I
pugni in tasca, il suo folgorante esordio giovanile che lo impose, di
prepotenza, sul panorama cinematografico europeo. Denso, equilibrato, geniale e
ricco di straordinarie invenzioni visive, oscilla sapientemente tra comico e
tragico, cinismo e tenerezza, reale e surreale, sermone e delirio, sacro e
profano, becero e sublime, con il grottesco a far da collante ad una vicenda
altrimenti ardua da metabolizzare. Più che un libello sulla fede, o, di contro,
sulla dignità dell’ateismo, è un’acida parabola umanista sulla decadenza della
borghesia e sul contrasto tra essere e apparire, tra come siamo e come la
società ci vorrebbe. Tra i tanti momenti alti dell’opera è impossibile non ricordare
le sequenze oniriche, che virano nel visionario e gli conferiscono la dignità
di una metafora drammaturgica di finissimo spessore: il duello all’alba, i
nobili neri, il fantasma della Gradiva. La scena più famosa, quella della
bestemmia, coincide anche con il climax emotivo della pellicola, quello in cui
convergono idealmente tutte le tensioni drammatiche che la innervano
sottopelle. Tra Svevo e Buñuel, l’autore emiliano porta avanti la sua denuncia
con eleganza incorporea, senza mai declamare o pontificare, bandendo i giudizi
morali e le conclusioni sommarie, ma abbracciando, piuttosto, uno stile etereo
e raffinato, di altissima valenza simbolica. Nel cast ispiratissimo svettano Castellitto
e la Degli Esposti,
ma i (tanti) premi europei li ha portati a casa tutti il primo. E’ il miglior
film italiano del 2002 ed uno dei migliori in assoluto del suo decennio.
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