Tre
momenti diversi della vita di Nanni (Moretti) raccontati in tre episodi
distinti. Nel primo (“In vespa”) Nanni vaga per le strade deserte ed assolate
della Roma d’agosto, attraverso scorci da cartolina e periferie degradate. Va
al cinema e poi finisce all’Idroscalo di Ostia, nel luogo dove fu assassinato
Pier Paolo Pasolini. Nel secondo (“Isole”) Nanni viaggia per le isole Eolie, da
Lipari a Filicudi, insieme all’amico Gerardo, che è affetto da teledipendenza
patologica. Nel terzo (“Medici”) Nanni ci racconta la sua odissea personale, in
buona parte realmente accaduta, a causa di un linfoma di Hodgkin, diagnosticato
con enorme difficoltà dopo una serie interminabile di visite mediche, consulti,
accertamenti e cure tanto dispendiose quanto inutili. Splendido racconto
personale, sotto forma di originale agenda autobiografica aperta, costruito
sapientemente in bilico tra toni opposti: dramma e commedia, realtà e finzione,
cronaca e romanzo, severità e ironia, profondità e leggerezza. Nonostante le
apparenze ed il titolo sarcastico è uno dei film morettiani in cui l’autore
parla meno di sé stesso, svolazzando, tra momenti impagabili e geniali
invenzioni, attraverso profonde critiche di natura collettiva (al cinema
americano, ai critici cinematografici, alla tv spazzatura, alle cattive
abitudini dei vacanzieri estivi, al sistema sanitario nazionale), fino a
momenti di reale commozione, come il grande vuoto spirituale, morale, politico
e culturale lasciato dalla tragica scomparsa di Pasolini. Senza retorica né
abbellimenti, ma con la consueta spavalda perfidia intellettuale, l’autore ci
consegna un sincero spaccato dell’Italia degli anni ’90, dimostrando una padronanza
stilistica ed un’originalità di visione assolutamente encomiabili. La rinuncia
al filtro di un personaggio di fiction ed al tradizionale plot narrativo, dà
luogo ad una sorta di cinema verità in cui il narratore-regista-attore è una
sorta di “tuttologo” che intende stabilire una reale complicità con il
pubblico, cercando di abbattere i pregiudizi politici, le antipatie personali e
le posizioni intellettualmente snobistiche che hanno sempre accompagnato la sua
persona. In questo film ondivago e solo apparentemente senza meta, fatto di
scatti improvvisi, depistaggi e metafore, Moretti prova a tracciare una linea
di demarcazione tra il suo cinema del passato e quello del futuro, attraverso
schizzi e suggestioni narrative, una sorta di improvvisato racconto per
appunti, scritti liberamente, ma tutti animati da un costante impegno civile. Premiato
con il Premio alla regia al Festival di Cannes, che ha sempre profondamente amato
il cinema di Moretti, è un’opera fondamentale e spartiacque nella sua
filmografia, perché segna l’inizio della piena maturità artistica dell’autore
trentino. Tra le sequenze che sono entrate, a pieno diritto, nella memoria
collettiva, vanno ricordate la visita al rione Spinaceto del primo episodio e l’esilarante
critica “distruttiva” nei confronti del cruento thriller americano Henry, pioggia di sangue.
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