Valerie Plame, agente della CIA che opera sotto copertura, scopre elementi decisivi che provano che l'Iraq non ha mai intrapreso alcun programma di armamento atomico, smentendo così la tesi "ufficiale" utilizzata dall'amministrazione Bush (e data in pasto al popolo ancora sconvolto dagli attentati dell'11 settembre) per giustificare l'intervento armato americano nel paese arabo. Quasi simultaneamente suo marito, il diplomatico Joseph C. Wilson, pubblica un articolo sul New York Times in cui nega, con tanto di elementi probatori, che l'Iraq si sia mai approvvigionato di una fornitura di uranio atta a preparare bombe di distruzione di massa. Lo scandalo provocato in tutto il paese getta ombre sinistre sul governo in carica e sulla guerra in corso e rende i due coniugi persone "indesiderabili" per lo status quo. Una scientifica campagna diffamatoria viene architetta ad arte per screditare Valerie e Joseph, che vengono così travolti da una tale ondata di dissenso e di nefandezze da mettere in crisi la loro vita professionale e privata. Questo
thriller biografico di Doug Liman è tratto dalle memorie di Valerie
Plame e di suo marito Joseph C. Wilson, che raccontano dello scandalo
politico e giudiziario (denominato "CIA-gate") che esplose negli USA nel 2003, provocando un enorme scalpore mediatico. E' sempre stata un'opinione diffusa (e non solo da parte degli amanti di scandali e complotti) che la guerra mossa dagli USA all'Iraq fosse del tutto ingiusta, basata su motivazioni risibili e infondate, per coprire i reali intenti economici, strategici, elettorali ed imperialistici. Il "CIA-gate" ha dato linfa a questa tesi, portando alla luce oscure connessioni ed imbarazzanti connivenze tra diversi esercizi del potere americano, rivelando corruzioni, incompetenze ed intrallazzi a svariati livelli governativi. Partendo dalla sceneggiatura scritta dai fratelli Butterworth, Doug Liman prova a raccontare tutto questo, con le licenze romanzate del caso, in un film di 108 minuti, con pochissima azione, molti dialoghi, una discreta contestualizzazione ambientale ed un buon approfondimento psicologico dei personaggi principali (affidati alla solida coppia Naomi Watts e Sean Penn, qui alla loro terza collaborazione cinematografica). Ma se l'approccio, poco hollywoodiano e più autoriale, è encomiabile, la pellicola non ne traduce in pratica gli intendimenti, risultando troppo intricata, poco pungente, esageratamente prolissa e declamatoria, più didascalica che realmente mordace. Ci si limita ad una denuncia di blanda portata retorica, con una serie di ellissi nella parte finale che suonano del tutto fuori luogo. Sono invece da lodare l'accuratezza con cui viene illustrato lo scenario politico, l'ottima interpretazione della Watts e la fotografia raffinata curata dallo stesso Doug Liman. Presentato in concorso al Festival di Cannes, il film si è rivelato un flop assoluto al botteghino, è stato lodato dalla critica americana, mentre invece ha ottenuto flebili consensi e generale indifferenza da parte di quella europea.
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