domenica 17 aprile 2022

The Manchurian Candidate (2004) di Jonathan Demme

Il maggiore Bennett Marco, reduce della prima Guerra del Golfo dove si è fatto valere come infallibile cecchino delle forze americane, è tormentato da una serie di incubi e allucinazioni che sembrano reali, che lo riportano costantemente ai tragici eventi bellici che ha vissuto in prima persona. Quando scopre che anche altri suoi commilitoni hanno il medesimo problema, decide di indagare e scoprire di più sulla faccenda. Il suo destino è legato al sergente Raymond Shaw, un suo ex compagno d'armi che gli ha salvato la vita ai tempi della guerra, e che adesso, con l'aiuto della madre Eleanor, senatrice potente e senza scrupoli, è lanciato verso una promettente carriera politica, candidato come vice Presidente alle imminenti elezioni statunitensi. Il ritorno di Bennett Marco nella vita di Shaw mette in moto una serie di eventi "imbarazzanti" per il potere e la pragmatica senatrice Eleanor non tarda a mettersi in azione per eliminare ogni ostacolo che potrebbe compromettere l'ascesa politica del figlio. Questo oscuro thriller di fantapolitica di Jonathan Demme è il remake di Va' e uccidi (The Manchurian Candidate, 1962) di John Frankenheimer, con Frank Sinatra protagonista, a sua volta tratto dal romanzo omonimo di Richard Condon. Il soggetto originale viene attualizzato all'epoca contemporanea, spostando il substrato ideologico ambientale dall'anticomunismo della Guerra Fredda alla "dittatura" economica delle grandi corporazioni che manipolano vite umane, decidono destini, indirizzano le campagne elettorali e annebbiano il pensiero delle masse piegandolo ai propri scopi. Dal punto di vista della critica iconoclasta verso la cinica ferocia dei poteri forti, il film è esemplare esattamente come lo era l'originale di Frankenheimer. Ciò avviene soprattutto grazie all'aguzza vena polemica intrinseca al soggetto ed alle ottime interpretazioni degli attori del cast principale, in cui spicca una magnifica Meryl Streep, di perfida grandezza malefica e di cupa morbosità psicologica, seguita a ruota da un tormentato Denzel Washington, e poi da Liev Schreiber e Jon Voight, che sono interpreti di sicura affidabilità. Invece, dal punto di vista del thriller d'azione, la pellicola appare più claudicante e convenzionale, non sempre a fuoco, a tratti caotica nel suo accumulo di eventi inquietanti e di rivelazioni ad effetto. Ma il finale è un modello invidiabile di costruzione della suspense con colpo di scena annesso, anche grazie ad un montaggio perfetto, che riesce a scandire l'alternarsi delle sequenze con la forza angosciante di una sentenza. Demme conferma le sue indubbie doti di regista solido e navigato, ma è quasi inevitabile che questa nuova versione dell'acida parabola anti-sistema concepita dalla penna di Richard Condon non riesca ad avere lo stesso impatto scioccante che ebbe sul pubblico il film di Frankenheimer nel 1962: uno dei primissimi casi in cui un prodotto hollywoodiano rappresentò un ritratto così minaccioso del lato oscuro del potere americano.

Voto:
voto: 3/5

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