lunedì 4 aprile 2022

Il caso dell'infedele Klara (2009) di Roberto Faenza

Luca è un musicista italiano che vive a Praga, dove compone, insegna musica classica ai bambini e la sera suona in un night club per arrotondare il salario mensile. Fidanzato con la giovane e bellissima studentessa Klara, Luca è ossessionato dalla gelosia, che lo porta a sospettare di continuo che la donna possa tradirlo. Immaginando che lei abbia una relazione clandestina con un suo professore universitario, Luca si rivolge a Denis, titolare di un'agenzia investigativa e navigato detective, affinché questi segua gli spostamenti della ragazza e scopra la verità. Tra i due uomini, profondamente diversi, nasce uno strano rapporto psicologico che li cambierà entrambi, facendo attingere reciprocamente l'uno dal bagaglio di esperienze emotive dell'altro. Ma la fine del caso riserverà delle sorprese. Questo melodramma di Roberto Faenza, costruito su vibrazioni dissonanti, è la libera trasposizione cinematografica del romanzo omonimo di Michal Viewegh, a cui il regista torinese si è creativamente ispirato per realizzare un trattato colto sulla gelosia, che ammicca a Buñuel (i molteplici collegamenti con Él (1953) sono evidentissimi) e ricerca suggestive connessioni tra sensibilità musicale e passione amorosa. Il risultato complessivo è un film bifronte che convince solo a metà, in cui le cose più riuscite sono l'affascinante ambientazione mitteleuropea ed i rapporti tra i personaggi maschili: tra Luca e il disincantato investigatore Denis o tra Luca ed il suo piccolo allievo Mathyas, provetto suonatore di fisarmonica, attraverso cui si esprime meglio che a parole. Invece sul fronte del puro melò la pellicola risulta equivoca, forzata, altalenante, perennemente indecisa tra una dimensione cerebrale ed una carnale, finendo per risultare labile nella prima e ridondante nella seconda. Anche le diverse svolte narrative dell'epilogo appaiono eccessive, come uno strumentale accumulo di situazioni ad effetto invero un po' stiracchiate. Come al solito lo stile del regista è elegante e gli attori (in ordine di merito citiamo Iain Glen, Claudio Santamaria, Kierston Wareing, Laura Chiatti) sono appropriati nei rispettivi ruoli, ma la sensazione che emerge nettamente dopo la visione è quella di un'opera minore, più artefatta che ispirata. Una menzione per la colonna sonora di Giovanni Venosta che risulta, invece, pertinente ed evocativa al punto giusto. Nel film fa una piccola apparizione la controversa attrice tedesca bosniaca Sabina Began, salita alla ribalta delle cronache nazionali come "ape regina" dello stuolo di veline, starlette e sedicenti modelle coinvolte nello scandalo sessuale, denominato "Rubygate", che travolse l'allora primo ministro Silvio Berlusconi.

Voto:
voto: 2,5/5

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