Roma, oggi. Un serial killer che gira in un furgone bianco uccide le prostitute in maniera efferata. La sua prossima vittima, Diana, fugge a bordo della sua auto e, dopo un rocambolesco incidente in cui perde la vita una famiglia cinese, diventa cieca in seguito ad un trauma cranico. L'assassino non la molla e la tiene costantemente nel mirino. Diana deve abituarsi alla sua nuova condizione di non vedente. Sarà aiutata da un'assistente sociale, dal ragazzino cinese sopravvissuto alla disgrazia e da un cane pastore tedesco che le fa da guida. Dopo 10 anni di assenza dal grande schermo, Dario Argento torna alla regia con il suo nuovo thriller, da lui scritto nel 2002 insieme a Franco Ferrini e tenuto a lungo nel cassetto come possibile copione su cui lavorare. I risultati sono però, nuovamente e purtroppo, disastrosi su tutti i fronti, confermando che ormai l'ex mago del brivido italiano è già andato artisticamente in pensione da tempo e che l'appellativo di Maestro che tutti gli attribuiscono è puramente celebrativo e nostalgico. Questo Occhiali neri, presentato in anteprima al Festival di Berlino, è un filmetto scialbo, sciatto, prevedibile e inverosimile, privo di suspense e di mordente. Non spaventa mai, è recitato malissimo, si muove sempre sul confine tra il ridicolo e il trash ed è tristemente "vecchio" come concezione: ormai la solita solfa dello psicopatico misogino che uccide le belle donne con feroce brutalità non si regge più. Tra le altre cose qui non ci vengono nemmeno fornite motivazioni, variazioni sul tema o traumi pregressi, i personaggi sono banalmente grossolani e l'identità dell'assassino viene svelata già a metà pellicola. Qualche sequenza gore, morbosamente insistita e neanche ben realizzata, sembra riportare indietro di 40 anni, alla truce exploitation artigianale di Lucio Fulci. Ilenia Pastorelli e Asia Argento sono puramente ornamentali, soprattutto la prima che concede spesso alla macchina da presa le sue grazie fisiche, anche in maniera pretestuosa. Questo film sgangherato e maldestro avrebbe voluto giocare sul concetto di negazione dell'atto del vedere (il voyeurismo è da sempre una delle colonne portanti del cinema di Argento), ma, ad essere onesti, il buio è totale. In tutti i sensi. Il vero Dario Argento si è ormai eclissato da tempo. Facciamocene una ragione.
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