Albino Millozza è un ricco industriale e affarista senza scrupoli, che dice di essere di sinistra ma ha fatto fortuna grazie ai governi di centro-destra. Uomo cinico e scaltro, tipico esponente di una certa borghesia arrogante e vanitosa, ha una situazione familiare disastrata tra amanti, moglie depressa sull'orlo del suicidio e figlia drogata che vive in una comune. Un giorno Albino si ritrova tra le mani il diario del suo figlio maggiore, Marco, ragazzo freddo e di poche parole, e scopre con sommo stupore che questi è entrato a far parte di un gruppo terroristico dedito alla lotta armata, e che il bersaglio del loro prossimo attentato sarà un esponente dell'alta finanza il cui nome inizia per "P". Cupo dramma a sfondo sociale di Dino Risi, che dopo averci regalato memorabili istantanee del decennio del boom economico, prova a leggere gli anni di piombo in questo film intimamente amaro, velato da ironia nera, malinconico disincanto ed un corrosivo sarcasmo anticapitalistico che, attraverso il personaggio protagonista egregiamente interpretato da un intenso Vittorio Gassman, sancisce il fallimento di una classe dirigente abbietta e ipocrita, che ha cavalcato opportunisticamente il "miracolo" economico per avida ingordigia, dimenticando gli ideali di cambiamento che avevano animato il primo dopoguerra. Sotto tale aspetto questa pellicola traccia una ideale linea di connessione con il capolavoro di Ettore Scola del 1974, C'eravamo tanto amati, proprio attraverso il ruolo interpretato da Gassman nei due film. Al netto di qualche forzatura drammaturgica poco verosimile e di alcuni momenti caricati da troppa enfasi, il film è un efficace affresco dei suoi tempi, che trae spunto dalle tragiche pagine di cronaca quotidiana rispetto a cui riuscirà ad essere addirittura inquietantemente preveggente (si pensi al caso Donat-Cattin esploso nel 1980, un anno dopo l'uscita in sala dell'opera). Più che un Risi minore, come alcuni critici hanno voluto vedere, è un Risi sommesso e dolente, più incline alla riflessione disillusa che alla farsa irridente. Il film ha vinto due premi importanti: il David di Donatello per il miglior interprete a Vittorio Gassman e il premio per il miglior attore non protagonista a Stefano Madia al Festival di Cannes.
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