Roma, 1910. Checco Puricelli, figlio di falegname, simpatico fregnone proletario con la fissa dell'aristocrazia, si atteggia a sedicente nobile facendosi chiamare "conte Tacchia" (nel gergo dialettale romanesco la "tacchia" è un piccolo cuneo di legno che i falegnami usano tipicamente come zeppa, per garantire l'equilibrio di mobili ciondolanti). Il nostro affabile guascone è combattuto tra l'amore per la popolana Fernanda e l'attrazione carnale per la procace duchessina Elisa, provocando la gelosia e l'astio del marchese Lollo, suo amante da sempre. Grazie ad una incredibile e rocambolesca sequela di situazioni grottesche, Checco si ritrova eletto al rango di nobile dal Re in persona (assumendo così anche di fatto l'appellativo di conte Tacchia), eredita titoli e debiti di uno strambo principe ubriacone che gli vuol bene come ad un figlio e che mangia fino a morire e infine vince un patrimonio al gioco d'azzardo, gettando sul lastrico il padre della duchessina che, a questo punto, cerca in ogni modo di concupirlo con le sue grazie, per cercare di riconquistare i suoi beni materiali. Fortemente deluso dalla classe sociale a cui aveva sempre ambito, che lo tollera malvolentieri e continua a considerarlo un rozzo plebeo, Checco rifiuta il matrimonio per interesse con la maliarda Elisa, si arruola nell'esercito e parte per la legione straniera. Divertente commedia rusticana di Sergio Corbucci, concepita alla maniera di un colorito stornello popolare romano, con una galleria di personaggi pittoreschi, una verace comicità ridanciana sospesa tra l'eloquio greve e la ribalda buffoneria ed una serie di situazioni tanto spassose quanto candidamente inverosimili. Tra colore locale e macchiette divertenti, il film garantisce un piacevole intrattenimento leggero, pur scivolando a volte nella trivialità dozzinale. I punti di forza sono la scanzonata ricostruzione d'epoca di una Roma romanticamente idealizzata come solare, genuina, vitale e amabilmente impertinente, il cast di buon livello (che annovera nomi come Enrico Montesano, Vittorio Gassman, Paolo Panelli, Ninetto Davoli, Giuseppe Pambieri, Zoé Chauveau e Ania Pieroni) e l'allegra colonna sonora orecchiabile di Armando Trovajoli, di immediata presa per il pubblico. Senza infamia e senza lode Sergio Corbucci dimostra tutto il suo mestiere di navigato artigiano del nostro cinema di genere. Il film è liberamente ispirato alle vicende di un personaggio realmente esistito: il nobile romano Adriano Bennicelli, soprannominato da tutti "conte Tacchia" perchè la sua famiglia aveva fatto fortuna tramite il commercio e la lavorazione del legno. La pellicola, che alla sua uscita ebbe un soddisfacente riscontro al botteghino nazionale, è reperibile in due versioni: quella cinematografica di 118 minuti e quella televisiva di 141 minuti (trasmessa per la prima volta su RAI2 nel 1983).
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