lunedì 12 luglio 2021

L'odore della notte (1998) di Claudio Caligari

Remo Guerra, giovane poliziotto romano di servizio a Torino, approfitta dei periodi di licenza per tornare nella borgata di Roma in cui è cresciuto e dedicarsi alle attività criminali che lo hanno sempre affascinato. Il nostro mette in piedi una banda di rapinatori notturni specializzati in assalti ai ricchi dei quartieri alti della capitale. Remo dimostra di possedere il carisma del leader e l'ingegno necessario ad affinare la strategia della gang, che parte con le aggressioni in strada e poi alza decisamente il tiro, entrando nelle case dei borghesi benestanti e tenendoli in ostaggio per il tempo necessario a svaligiarli di denaro e preziosi. Dopo una lunga serie di colpi ben riusciti, la banda diventa l'incubo della città e finisce nel mirino delle forze dell'ordine. Ma Remo si dimostra un osso molto duro da sconfiggere. Il secondo lungometraggio di Claudio Caligari, che arriva ben 15 anni dopo il suo controverso esordio con Amore Tossico (1983), è un cupo crime-movie di strada, liberamente tratto dal libro inchiesta "Le notti di arancia meccanica" di Dido Sacchettoni, a sua volta ispirato a reali fatti di cronaca nera avvenuti a Roma sul finire degli anni '70. E' un film duro e violento, ideologicamente controcorrente rispetto agli standard del cinema italiano di questo tipo, sospeso tra la denuncia sociale, l'apologo anarchico, il qualunquismo di maniera, il truce effettismo ed il B-movie iperrealista. La sua indubbia forza risiede nelle ambientazioni di pregnante realismo (a cominciare dal trucido linguaggio gergale), nelle efficaci interpretazioni di un cast funzionale in cui spicca il protagonista Valerio Mastandrea, accompagnato da una folta galleria di caratteristi dalla faccia giusta, e nell'abilità del regista di conciliare una materia feroce con una cifra di ironia grottesca che stinge nella metafora irridente, più straniante che sarcastica. Ma non tutto funziona a dovere e le invenzioni stilistiche si alternano ai passi falsi, alle ridondanze, alle cadute di stile, con una seconda parte troppo esasperata nel suo inarrestabile processo di discesa agli inferi. Carico di citazioni (da Kubrick a Scorsese) e di scene sopra le righe, centrò perfettamente il suo intento di far infuriare moralisti e benpensanti, ma se Caligari avesse utilizzato più il fioretto che la sciabola avrebbe perseguito ancora meglio il suo scopo. Generalmente disprezzato dalla critica, ha la sua schiera di fans inossidabili tra gli amanti delle pellicole underground, che lo elessero fin da subito a piccolo cult di genere. Sotto la sua patina volutamente sgradevole, il film nasconde un'acre derisione provocatoria, ma spara troppo nel mucchio per risultare realmente tagliente. E' indubbio che il regista ha fatto di meglio, pur in una filmografia scarna come la sua.
 
Voto:
voto: 3/5

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