Charlie è un uomo di mezza età, obeso, solitario e dal carattere scontroso. Lavora da casa come insegnante in corsi che si svolgono su internet attraverso video conferenze, nelle quali lui non si mostra mai ai suoi alunni. Sta sempre chiuso nel suo fatiscente appartamento, mangia compulsivamente con rabbia famelica ed i suoi unici contatti umani sono l'amorevole infermiera Liz, che cerca di prendersi cura di lui con molta difficoltà, e sua figlia Ellie, una ragazza adolescente con cui Charlie cerca di recuperare il rapporto, dopo averla abbandonata da piccola per andare a vivere con Adam, l'uomo di cui si era innamorato. Con il cuore gravemente compromesso dal suo stile di vita e quasi incapace di deambulare a causa del suo enorme peso, Charlie sente ormai avvicinarsi la fine, ma non riesce a reagire. Adattando l'omonima pièce teatrale di Samuel D. Hunter, che ha anche firmato la sceneggiatura del film, Darren Aronofsky ha realizzato un nuovo dramma esistenziale dedicato ad un "perdente" alla deriva, e alla disperata ricerca di una catarsi finale. Interamente ambientata in un unico ambiente decadente, la casa "prigione" di Charlie, la pellicola ruota intorno al corpo deforme e abnorme del protagonista, che diventa il simbolo ingombrante di un male interiore più profondo, la personificazione materiale di un lato oscuro contro il quale combattere. Non a caso Charlie legge in continuazione brani del romanzo "Moby Dick" di Herman Melville, sventolandoli come un vessillo dietro cui (mal)celare la sua profonda disperazione. L'entrata in scena del giovane predicatore che porta in giro la parola di Dio attraverso la lettura della Bibbia, sottolinea (e conferma) la tendenza dell'autore ad inserire in tutte le sue storie tragiche un percorso ascetico di natura religiosa, ponendo l'accento sull'eterna lotta tra carne e spirito che, nel caso di Charlie, trova una pregnante rappresentazione visiva. Stupefacente la trasformazione fisica dell'attore Brendan Fraser, che ogni giorno doveva sottoporsi a lunghe sedute di trucco prostetico per dilatare la sua mole ed ottenere l'impressionante effetto che vediamo nel film. Fraser, che da diversi anni era quasi scomparso dalle scene ed era finito nel dimenticatoio, ha così dato inizio ad una seconda fase della sua carriera, vincendo quasi inevitabilmente l'Oscar come miglior attore protagonista per questa interpretazione sofferta, intensa, commovente, ma anche saggiamente misurata, evitando le facili trappole di una escalation patetica. Non si può dire esattamente lo stesso per Sadie Sink (che recita nel ruolo della figlia Ellie), giovane attrice di talento ma ancora acerba, che infatti finisce spesso per strafare inciampando nell'over-acting. Non tutto quadra esattamente alla perfezione, tra qualche esasperazione di troppo e le consuete indulgenze dell'autore nell'esplicitazione effettistica, come avviene ad esempio nel finale, molto potente nella sua allegoria, ma anche caricato di troppa enfasi. Resta comunque un'opera valida e coinvolgente, una travagliata passione individuale per superare i limiti corporei e librare l'essenza spirituale al di sopra delle umane miserie. Ha vinto due premi Oscar: a Brendan Fraser ed al miglior trucco.
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