giovedì 13 aprile 2017

Aprile (Aprile, 1998) di Nanni Moretti

Film autobiografico, in cui ogni attore interpreta se stesso, che racconta un pezzo di vita cruciale dell’autore e del nostro paese, tra il 1994 e il 1996. Si comincia con Emilio Fede che annuncia al TG4 la vittoria di Berlusconi e della destra alle politiche del marzo 1994, si prosegue con Moretti che intende girare un documentario politico sul neo premier (per parlare dell’evidente conflitto d’interessi), salvo poi puntare su un musical che ruota intorno a un pasticciere trotskista (spunto già anticipato in un episodio di Caro Diario). Intanto gli nasce un figlio, Pietro, e il nuovo ruolo di padre, affrontato con buffa dedizione, gli crea patemi personali e impacci lavorativi. Poi, nelle elezioni anticipate dell’aprile 1996, arriva la vittoria del centrosinistra dell’Ulivo e l’avvento del governo Prodi. Ma anche stavolta non mancano le contraddizioni. A metà strada tra il diario personale e la fiction familiare, l’opus n. 8 di Nanni Moretti è un film ambizioso, ironico e divulgativo: una sorta di messa a nudo dell’autore nel suo mix (invero non sempre riuscito) tra la dimensione pubblica e quella privata, tra la politica e la famiglia, tra le ansie per essere padre a 43 anni e lo sconcerto per la vittoria plebiscitaria del berlusconismo. Non tutto funziona a dovere, ad esempio i momenti privati sono generalmente più riusciti di quelli pubblici, ma non mancano le trovate geniali, le battute memorabili e le sequenze rimaste nell’immaginario collettivo (il lenzuolo di giornali, il corteo milanese del 25 aprile, le invettive a D’Alema nello scontro televisivo contro Berlusconi). E’ indubbiamente un’opera spiazzante, in surplace tra l’autoanalisi celebrativa e l’indignazione sarcastica, che ha fortemente diviso la critica, il pubblico e persino i fans inossidabili dell’autore. Il sospetto di manierismo stilistico autoreferenziale è più che fondato ed è difficile collocare Aprile tra le pellicole migliori del regista di Brunico, ma la critica acida alla perdita di riferimenti della sinistra italiana e la derisione impietosa di un paese farlocco pronto a farsi imbambolare dall’imbonitore del momento sono di perfida intelligenza. Alla fine è come se  Moretti (quello reale e quello del film), in preda ad un’evidente impasse creativa, abbia deciso di girare il documentario su se stesso invece che su Berlusconi, in un formidabile paradosso metacinematografico. Nel cast, oltre al mattatore Moretti, brilla il fidato Silvio Orlando, premiato con il David di Donatello per la sua interpretazione. Non mancano i consueti graffi critici al cinema commerciale americano, in questo caso a Strange Days di Kathryn Bigelow, che viene definito, senza mezzi termini, una “cazzata memorabile”.

La frase:D'Alema, dì una cosa di sinistra. Dì una cosa anche non di sinistra, di civiltà... D'Alema, dì una cosa, dì qualcosa, reagisci...

Voto:
voto: 3,5/5

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