venerdì 14 aprile 2017

Le affinità elettive (Le affinità elettive, 1996) di Paolo e Vittorio Taviani

In una villa della campagna toscana avviene l’incontro tra Edoardo e Carlotta, marito e moglie, l’amico Ottone e la giovane Ottilia, nipote di Carlotta. Ben presto le “affinità elettive” faranno scattare un incrocio di attrazioni con Edoardo che si invaghisce di Ottilia e Carlotta di Ottone. L’eterna lotta tra ragione e sentimento andrà nuovamente in scena e non senza conseguenze. Prezioso melodramma “in costume” dei fratelli Taviani, che realizzano il loro lungometraggio n. 14 adattando il celebre romanzo omonimo di Johann Wolfgang von Goethe. Numerosi i cambiamenti apportati dai registi toscani rispetto al testo ispiratore, a cominciare dal luogo dell’azione, trasferito dalla Germania alla nativa Toscana, e dal tempo degli accadimenti, che viene spostato in età napoleonica. Il risultato dell’adattamento è un film visivamente imponente, stilisticamente sontuoso, raffinato e freddo, luminoso e ricco, la cui patina barocca è increspata dai sinuosi palpiti erotici di un romanticismo acerbo. Divise la critica alla sua uscita (i detrattori ne attaccarono soprattutto l’eleganza algida e “distante”), ma il lavoro compiuto dai registi è ammirevole, anche per il sapiente riequilibrio dato ai quattro protagonisti rispetto al romanzo di Goethe, che privilegia l’ottica di Ottilia nel suo carnale cupio dissolvi. Lo spazio scenico e quello emotivo tendono a sovrapporsi nel gioco sottile delle “affinità elettive”, che viene rappresentato in una dimensione eterea, un limbo sospeso fuori dal tempo in cui lo scontro tra passione e raziocinio assume un simbolismo antico e pregiato, di pittorica fascinazione. Eccellente il cast con Isabelle Huppert, Fabrizio Bentivoglio, Jean-Hugues Anglade, Marie Gillain e Giancarlo Giannini voce narrante. Numerose le sequenze memorabili: il funerale, la festa campestre, l’epilogo con la piccola serva che sembra smarrirsi nel paesaggio avvolgente della campagna toscana. Non è il miglior film dei Taviani ma resta un’opera di grande fascino e da rivalutare.

Voto:
voto: 4/5

Nessun commento:

Posta un commento