domenica 2 aprile 2017

Rabid - Sete di sangue (Rabid, 1977) di David Cronenberg

Vittima di un grave incidente stradale la giovane Rose, in condizioni disperate a causa di ustioni diffuse su tutto il corpo, viene portata in una clinica dove il dottor Keloid, scienziato senza scrupoli, sperimenta innovative tecniche di trapianto della pelle, prelevando campioni da pazienti morti. Il complesso trattamento sembra riuscire e Rose viene salvata, ma gli effetti collaterali sono tanto imprevisti quanto spaventosi. La donna si trasforma in un vampiro assetato di sangue, che succhia ai malcapitati tramite un piccolo aculeo di forma fallica che le spunta da sotto l’ascella. Le vittime vengono contagiate a loro volta dal misterioso morbo e, in breve, le strade di Montreal si riempiono di cadaveri e di mostri assetati di sangue. Horror a basso costo ma, come al solito, ricco d’inventiva e di allusioni sessuali, girato da Cronenberg proseguendo il medesimo discorso già avviato nel precedente (e meglio riuscito) Shivers. Le tematiche sono esattamente le stesse e, per molti versi, questo film appare una sorta di “sequel” spurio di quello del 1975, risultando ancora più estremo ma meno brillante. L’autore rilegge il mito del vampiro declinandolo al femminile, spogliandolo di ogni connotazione gotica, religiosa, seduttiva e soprannaturale, ma calandolo in un contesto scientifico sperimentale che richiama un altro grande classico dell’horror: il Frankenstein di Mary Shelley. La critica contro l’arroganza della scienza medica, che in nome del progresso lascia sul campo vittime inconsapevoli, è blanda e grossolana perché il regista è maggiormente interessato agli aspetti sessuali della trasformazione di Rose. Il parallelismo tra l’atto sessuale e quello vampirico è effettivamente notevole e la sua resa visiva lascia poco spazio alle interpretazioni: la soddisfazione sensoriale che la protagonista dimostra di provare dopo aver saziato la sua sete di sangue è una lampante metafora dell’orgasmo. Ritorna ancora una volta prorompente e carico di particolari disturbanti il tema della mutazione del corpo, autentica ossessione del regista canadese. Ma, nonostante i numerosi spunti d’interesse, tutto appare troppo debitore (e meno stimolante) rispetto al lungometraggio precedente (Shivers). Il film ha comunque vaste schiere di ammiratori per i quali è un cult assoluto, anche per la presenza della pornodiva Marilyn Chambers nel ruolo di Rose. La Chambers, che comunque se la cava discretamente, fu imposta dal produttore Ivan Reitman che sperava di rimpinguare gli incassi del film grazie al suo nome sui manifesti. Cronenberg avrebbe invece voluto l’ancora poco conosciuta Sissy Spacek, che poi sarebbe esplosa proprio durante la lavorazione della pellicola grazie al suo iconico ruolo in Carrie di Brian De Palma. Per “vendicarsi” del torto subito dal suo produttore, il regista fa comparire in una scena del film un poster di Carrie proprio alle spalle della protagonista.

Voto:
voto: 3/5

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